Tra le tante testimonianze sul rifiorire nel Seicento del culto di Sant’Oronzo in Terra d’Otranto, sono particolarmente espressivi e importanti i testi incisi sulla colonna del Santo (VEDI GALLERY SOTTO), sita nell’antica piazza centrale leccese.
Non solamente per quanto riguarda la documentazione storica del monumento, ma per la riproposta del culto, che, come confermava nella sua Storia di Lecce Pietro Palumbo poco più di un secolo fa (1910), ebbe nel vescovo mons. Luigi Pappacoda “il grande promotore del protettorato di Sant’Oronzo”.
Con diverse iniziative e la statua collocata sulla stessa colonna dedicata al Santo: “Protochristiano, protopraesuli, protomartiri lyciensi” (Nicola Vacca, La colonna di S. Oronzo in Lecce, p.15-16).
È di grande interesse sottolineare che mons. Pappacoda s’inserì nel sentire della gente che viveva un diffuso e infervorato stato d’animo di gratitudine, attribuendo al Patrono la liberazione della città dalla peste.
È ragguardevole, a tal proposito, rilevare che nel testo inciso sul primo masso delle fondamenta della colonna fu scritto che l’evento avveniva “ex pubblicis elemosinis”, alla presenza di tutta la gente, che partecipava compiaciuta all’evento e al rito della benedizione, presieduto dal presule leccese. Come attestano noti storici salentini, quali, ad esempio, Luigi De Simone e Nicola Bernardini.
In tale contesto, è particolarmente utile, rilevare l’entusiasmo della città, attestato dalle iscrizioni incise sui lati del piedistallo della colonna.
Sul lato ovest del monumento, infatti, fu scritto esplicitamente che l’iniziativa fu assunta “novo coelamine voto aereque Lupiensum”, allo scopo di affidare ai posteri la memoria della salvezza ottenuta dal Patrono.
Sul lato est si precisava, inoltre, che “columnam hanc Clerus, Ordo, Populusque. Lyciensis erexit” e su quello sud che essa, unitamente alla statua, fu voluta nel 1684 con convinta devozione cristiana.
Evidentemente, i testi scolpiti furono proprio composti per esprimere la comune ed esultanza e garantire la memoria del gesto devozionale.
I lavori furono poi completati con la balaustra collocata sopra lo zoccolo della colonna il 18 giugno 1686.
Emerge con chiarezza la costatazione che un monumento, voluto originariamente come segno della presenza di Roma al termine della famosa via Appia, che con 650 km di strada congiungeva la Città eterna con Brundisium, fu riutilizzato per uno scopo eminentemente religioso, continuando così nell’intento di incentrare la vita della comunità sulla fede cristiana.
Tanto che la colonna e la statua che la sormonta sono diventate l’emblema che raffigura il peculiare rapporto della città con il protettore.
Photogallery di Paolo Longo.