I lavori del Sinodo continuano in modo armonioso e con tanta apertura di cuore da parte di tutti. Sono riprese le relazioni dei vari Padri Sinodali e non solo. Certo che la Chiesa è proprio un’opera di Dio. Non mi capacito di vedere tanta unità in così altrettanta diversità; solo un Dio buono e giusto può realizzare una tale forza di unione.
Al di là delle mura vaticane c’è comunque un mondo che vive, lavora, si arrabbia, lotta per un po’ di dignità… Anche quanto stiamo vivendo noi partecipanti al Sinodo esce in quel mondo come voce di speranza.
Il Papa in questo è straordinario: riesce a togliere la tenda che separa il sacro dalla quotidianità e ci parla, ci incoraggia, ci ama come un papà. Ci vuole veramente liberi e felici.
Ma come tutti i bravi papà, sa anche quando arriva il momento della correzione, con la saggezza che viene dall’esperienza e dalla vicinanza con il popolo di Dio…
Ieri sera sono uscita dal Sinodo e molti di coloro che avevano avuto il tempo di leggere l’udienza parlavano meravigliati delle parole dette dal Santo Padre: “Non uccidere! Io vi domando: […] È giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto ‘fare fuori’ un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. È come affittare un sicario per risolvere un problema”.
Nel mio percorso ho avuto l’occasione di ascoltare diverse storie al riguardo, ma vorrei condividere quella tratta dall’ultimo libro scritto da Chiara Amirante: “Il Grido Inascoltato”, in cui si parla di una ragazza che ha vissuto in prima persona il dramma dell’aborto. Riporto alcuni frammenti:
“La mia storia è quella di una bambina che ha avuto la fortuna di avere una mamma e un papà che l’hanno sempre amata moltissimo. […] Quando mi sono affacciata al mondo dopo le scuole elementari e sono uscita dalle mura di casa è iniziato per me un periodo molto difficile. Infatti guardavo nello specchio l’immagine riflessa di una bambina che non era più tale; vedevo solo difetti.
Continuavo a cercare la felicità nei divertimenti, nelle discoteche, nell’apparenza, nell’essere come gli altri, nelle storie coi ragazzi, uno dopo l’altro, in tutto quello che mi facesse sentire viva, appagata, […] e che mi faceva sentire emozioni momentanee di felicità; erano però solo briciole.
Poi è successo quello che io chiamo il punto di non ritorno. Durante una vacanza con le mie amiche al mare abbiamo conosciuto dei ragazzi così per caso e, complice qualche alcolico di troppo e l’euforia che si era creata, mi sono avvicinata ad un ragazzo e senza che io ne avessi piena consapevolezza abbiamo avuto un rapporto.
[…] Tutto crollò quando dopo un ritardo mestruale scoprii di aspettare un bambino. Ricordo tutto di quel giorno. […] Per me quel bambino ha subito cambiato nome: è diventato un problema che dovevo eliminare immediatamente.
Dovevo risolverlo in fretta. […] Da sola, immediatamente, senza dire niente a nessuno, nemmeno alle mie amiche per paura che qualcuna mi facesse ragionare e convincesse a non compiere quello che stavo per fare, andai in ospedale e chiesi un appuntamento.
Quel giorno fu tutto molto veloce ed era un bene che fosse così perché non accettavo il tempo per poter pensare, non volendo cambiare idea. […] Pensai che finalmente era finita.
E dopo poche ore, da sola, ripresi la mia auto e ritornai a casa, come se nulla fosse. Io pensavo che fosse tutto finito, in realtà era tutto iniziato. Provai a riprendere da subito la mia vita, come se nulla fosse… Dentro di me però inconsapevolmente si era creata una voragine, si era rotto qualcosa. Ho sentito la morte del cuore. Piano piano, senza accorgermene, inizio ad essere sempre più esigente con me stessa.
[…] Il mio corpo iniziava a parlare, a raccontare giorno dopo giorno la mia sofferenza.
Dopo un incontro vero con Dio ed il suo Amore, passato attraverso delle persone concrete e testimoni credibili, Elena, questo è il suo nome, ha ripreso a vivere in pienezza.
[…] Sono passati un po’ di anni da quel giorno e non ho smesso di percorrere la strada della conoscenza di sé e della guarigione del cuore. Non nascondo che è stato tanto difficile prendere in mano la mia vita, guardare le ferite che avevo procurato agli altri, quelle che gli altri mi avevano procurato e soprattutto quelle che io mi ero fatta.
È stato doloroso guardarle e dar loro un nome: tradimento, abbandono, menzogna, anoressia, aborto. Scendere in quei dolori da sola non sarebbe stato possibile, ma farlo con Gesù lo ha reso invece possibile. […] Ha reso gloriosa ogni mia ferita, è sceso nelle profondità più buie del mio cuore e lì dentro ha messo tutto il suo amore e la sua gioia”.
Non serve aggiungere altre parole. Faccio mie solo quelle di Papa Francesco: “Dobbiamo dire agli uomini e alle donne del mondo: Non disprezzate la vita! La vita altrui, ma anche la propria. […] A tanti giovani va detto: non disprezzare la tua esistenza! Smetti di rifiutare l’opera di Dio! Tu sei un’opera di Dio! Non sottovalutarti, non disprezzarti con le dipendenze che ti rovineranno e ti porteranno alla morte!”.