Nell'immediata vigilia (oggi alle 17 nell'Aula Magna “Codacci Pisanelli” di UniSalento) dell'Assemblea diocesana nella quale l'arcivescovo Michele Seccia consegnerà la Lettera alla diocesi, ecco le prime battute del documento in attesa di poterlo leggere e gustare per intero.
- «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia»1. È con le prime parole dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco che desidero dare inizio a questa mia prima lettera, che scrivo come Vescovo della Chiesa che è in Lecce. Sono convinzioni profonde che nascono dalla fede e dall’esperienza viva dell’incontro con il Signore Gesù nella sua Parola, che è Vita e Verità. La gioia che scaturisce dall’ascolto del Maestro è - per un battezzato - il fulcro della vita spirituale. La voce dello Sposo fa esultare di gioia il cuore! Giovanni Battista, quando incontra il Signore, si definisce come «l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, e che esulta di gioia alla voce dello sposo», e aggiunge: «ora questa mia gioia è piena» (Gv 3,29). L’esperienza del Battista deve essere anche la nostra: raggiungere la pienezza di una gioia generata dall’ascolto ci rende cristiani migliori, capaci di arricchire gli altri e le comunità nelle quali viviamo e operiamo.
- A un anno esatto dal mio arrivo in mezzo a voi ho sentito forte il dovere e il piacere di scrivervi queste pagine. Esse non hanno la pretesa di essere un trattato teologico: accoglietele semplicemente come le confidenze di un padre verso i propri figli, quei figli che ama e ai quali per amore è tenuto - nel rispetto della libertà di ciascuno - a indicare la strada da percorrere. Un padre non impone, un padre propone! Indica un modello che ha i tratti della testimonianza, più eloquente di mille parole, più incisiva di qualunque altra spiegazione. E per proporre anche un padre deve avere l’umiltà di mettersi in ascolto - lui per primo! -: “l’educazione è cosa del cuore” direbbe don Bosco! Se un cuore sordo alle esigenze dei fratelli rivela una personalità rigida e non comunicativa, un cuore che ascolta è il segno della misericordia educante che si fa prossimità. Infatti, «educare è una delle arti più appassionanti dell’esistenza, e richiede incessantemente che si amplino gli orizzonti»2 .
- Per ampliare i miei orizzonti ho preferito, in questi mesi, attendere e visitare con delicata pazienza il nostro territorio, per vedere e conoscere quanto il buon Dio mi ha voluto affidare. Questo mi ha dato la possibilità di fare esperienza più da vicino delle differenti e variopinte sfaccettature delle nostre comunità, che rivelano il volto di un popolo in cammino - seppur tra le tante fragilità umane - verso l’ideale alto della santità. Osservando la ricca operosità delle parrocchie, dei movimenti e delle associazioni ho compreso come ciò di cui abbiamo bisogno è un ritorno all’essenziale: ogni “azione” pastorale, se davvero vuole portare frutto, non può eludere dal rifondarsi costantemente nell’ascolto orante della Parola di Dio che «più dolce del miele (cfr Sal 119,103) e spada a doppio taglio (Eb 4,12), ci permette di rimanere in ascolto del Maestro affinché sia lampada per i nostri passi, luce sul nostro cammino (cfr Sal 119,105)»3. Tra le tante cose da fare non dobbiamo mai, fratelli miei, dimenticare l’essenziale: Dio. Se «l’inferno consiste nell’essere lontani per sempre dal “Dio che dà la felicità”»4, anche le nostre comunità potrebbero diventare tali qualora smarrissero il loro fondamento primo, ritrovandosi così ad avere costantemente a che fare con le cose di Dio, ma essendo paradossalmente lontane da Lui! Un santo della nostra terra, San Pompilio Maria Pirrotti, esclamava: «Dio, Dio e niente più! Non vi curate di cercare altro. Cercate il fondamento delle virtù e abbandonatevi sempre nelle mani di Dio». È proprio da qui che dobbiamo partire: tornare all’origine, a Dio che ci ha chiamati alla vita e che ci vuole santi! Il “di più” non viene certamente da Lui (cfr. Mt 5,37).
- Consapevoli dell’importanza del primato di Dio sul nostro agire pastorale, è opportuno interrogarsi sulla nostra identità ecclesiale oggi, nel luogo e nel tempo in cui Dio ci ha posto. Sapientemente il Libro del Qoelet spiega che «tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo» (Qo 3,1). Il tempo di “osservazione” da me intrapreso in quest’anno allarga ora gli orizzonti per includere anche il vostro sguardo. Per una conoscenza libera da ogni pregiudizio c’è bisogno dell’impegno di ciascuno: alla Verità non si arriva mai da soli, bisogna farlo insieme, e se è vero che «noi conosciamo la verità, non solamente con la ragione, ma anche con il cuore»5, allora con questa lettera voglio fare appello al vostro cuore: la crescita della nostra Chiesa è responsabilità di ciascuno, e se l’amiamo non possiamo rifiutarci di lavorare e camminare insieme! Dobbiamo metterci tutti in ascolto gli uni degli altri, per trovare insieme possibili percorsi di comunione e di fraternità.
1 Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (24 novembre 2013), n. 1.
2 Cfr. Antonio Spadaro, «Sette pilastri dell’educazione secondo J. M. Bergoglio» in La Civiltà Cattolica, Vol. III, Quad. 4037, Anno 2018, pp. 343-357
3 Francesco, Esortazione Apostolica Gaudete et Exultate (19 marzo 2018), n. 156.
4 Cfr. Id., Omelia alla Messa mattutina a Santa Marta del 25 novembre 2016.
[1] Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (24 novembre 2013), n. 1.