È stata una celebrazione sentita e partecipata la Messa in Coena Domini presieduta in cattedrale dall’arcivescovo Michele Seccia e concelebrata dal vescovo emerito Cristoforo Palmieri di Rrëshen.
Hanno concelebrato, il vicario generale don Vito Caputo, i vicari episcopali mons. Antonio Montinaro e mons. Nicola Macculi, i canonici mons. Adolfo Putignano, don Vincenzo Caretto, don Biagio Miranda, don Andrea Gelardo e don Emanuele Tramacere. Hanno assistito i diaconi Carlo Manzo e Mario Renna. Il servizio liturgico è stato prestato dai seminaristi della diocesi - Andrea Rizzo, Giacomo Pezzuto, Enrico De Leo - guidati dal maestro delle cerimonie episcopali, mons. Giancarlo Polito.
L’arcivescovo, al momento della lavanda dei piedi, ha svestito la casula e ha indossato il “Grembiule di don Tonino”: in bella evidenza la frase del Venerabile di Alessano, incisa sul panno bianco: “Chi non vive per servire, non serve per vivere” (LEGGI).
“È vero che celebriamo il nostro cammino verso Dio ogni volta che viviamo l’eucarestia ma ne prendiamo coscienza? - si è chiesto l’arcivescovo durante l’omelia -. È lì che ha origine. E trova la sorgente vitale della speranza il nostro essere fedeli all’Eucarestia”.
“Questa sera - ha continuato - è bello sentirci raccolti nella nostra cattedrale e, idealmente, nel cenacolo. Il Maestro si alza e compie un gesto che si può considerare assurdo, infatti, suscita meraviglia e sdegno negli apostoli. Appartenere a Cristo significa lasciarsi plasmare da lui, anche quando ci capitano situazioni particolari che ci tentano al punto da dire “Signore, ti sei dimenticato?”. Lui non si dimentica, ci accompagna, ci sostiene, ci guida e ci nutre come una madre”.
“Questa sera, allora, lasciamoci nutrire dal corpo e dal sangue di Cristo. E nell’assistere non alla rappresentazione ma al segno compiuto da Cristo della lavanda dei piedi e ripetuto oggi dal vescovo, contempliamo come la Chiesa, a cominciare dal sottoscritto, deve imitare Cristo attraverso segni credibili, autentici e profetici. In questo momento storico vediamo come Papa Francesco, in un modo concreto si mette a ‘lavare i piedi’ dell’umanità intera pur di arrivare alla pace, di superare i conflitti, di invitare l’umanità a riscoprire il senso dell’unione e della comunione”.
“Anche noi questa sera - ha concluso Seccia - pregheremo per questo, per la nostra Chiesa diocesana e per quella universale. Perché la pace che Cristo ci dona rimanendo con noi nell’Eucarestia da risorto diventi il servizio più prezioso e concreto per l’umanità affinché essa ritrovi la pace e la giustizia sociale. Amen”.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli