Venerdì Santo di silenzio e di contemplazione anche a Lecce. In cattedrale l’arcivescovo Michele Seccia ha presieduto in mattinata la celebrazione dell’Ufficio delle letture e delle Lodi mattutine e, nel pomeriggio l’Azione liturgica della Passione del Signore. Infine, si è messo alla testa della processione del Cristo morto e della Desolata.
Hanno preso parte alla celebrazione il vicario generale don Vito Caputo, i vicari episcopali e canonici mons. Antonio Montinaro e mons. Nicola Macculi, i canonici mons. Adolfo Putignano, don Vincenzo Caretto, don Andrea Gelardo e don Salvatore Corvino. Hanno assistito i diaconi Carlo Manzo e Mario Renna. Il servizio liturgico è stato prestato dai seminaristi della diocesi guidati dal maestro delle cerimonie episcopali, mons. Giancarlo Polito.
“Ascoltando il racconto della Passione secondo Giovanni - ha detto l’arcivescovo nell’omelia - per noi è difficile separare l’umanità e la divinità di Gesù, il considerare i fatti accaduti a Gerusalemme in quei tre giorni dal punto di vista umano in primis perché significa prendere coscienza di tutte le nostre fragilità e, contemporaneamente, si materializzano nel modo personale in cui ciascuno di noi vive con Gesù il cammino verso il Calvario”.
“Nel Venerdì Santo - ha aggiunto - viviamo uno dei paradossi più grandi della nostra storia e della nostra vita di fede se pensiamo alla conflittualità di Gesù nell’essere il Figlio di Dio e il soffrire come uomo. È un paradosso, ma è questo che ci salva. Perché accogliendolo e ragionandoci su, scopriamo il contrario: diventa il nostro paradosso, cioè da peccatori a redenti. Lui è stato trattato come un peccatore ma è il redentore! Fratelli e sorelle, per essere in comunione con Cristo dobbiamo condividere i suoi stessi sentimenti: i sentimenti di un Dio incarnato a tal punto da fare l’esperienza della morte crudele”.
Infine il riferimento a un gesto semplice per ogni cristiano: “Basterebbe un bel segno di croce. Un segno che abbraccia tutto il corpo e che disegna su di noi la Croce di Cristo perché ad essa apparteniamo, secondo le esperienze che viviamo in famiglia, nel ministero, a lavoro e persino nel divertimento. Quel segno di croce assume significati importanti specie in questo giorno perché diventa la testimonianza concreta della compartecipazione alla Passione e alla Morte del Signore”
“Fratelli e sorelle - ha concluso Seccia -, stasera mentre contempliamo la croce non pensiamo al fallimento di una vita, ad una condanna ingiusta, alla derisione della corona di spine. Pensiamo, invece, che a causa del nostro peccato e delle nostre fragilità, questo era l’unico modo in cui ci poteva salvare. Dall’alto della croce, Cristo continua a guardare l’umanità e noi uomini cerchiamo di alzare più spesso lo sguardo verso la Croce per poter intravedere la pienezza della risurrezione e tutti quei segni che Gesù ci ha lasciato per rassicurarci: ‘non abbiate paura, sarò sempre con voi’”.
Dopo l’Azione liturgica l’arcivescovo si è recato nella vicina chiesa di Santa Teresa da dove è partita la processione per le vie del centro storico. Ai sacerdoti che hanno partecipato alla funzione in cattedrale si sono uniti il vescovo Cristoforo Palmieri, il rettore della chiesa don Alessandro D’Elia, mons. Mauro Carlino e don Emanuele Tramacere, parroco e viceparroco di Santa Croce, mons. Vincenzo Marinaci, parroco di San Matteo, mons. Piero Quarta, parroco di San Giovanni M. Vianney, don Gabriele Morello, parroco di Santa Maria della Pace, Padre Carmine Madalese, parroco di Santa Maria dell’Idria, don Corrado Serafino, rettore di Santa Chiara e San Giuseppe e i sacerdoti e i seminaristi dell’Istituto Cristo Re che curano la chiesa di Sant’Anna.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli.