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Dopo la celebrazione eucaristica al cimitero, nel pomeriggio di ieri, l’arcivescovo Michele Seccia ha presieduto la santa messa nella cattedrale in suffragio dei vescovi defunti della Chiesa di Lecce.

 

 

Nell’omelia l’arcivescovo commentando il brano del vangelo di Matteo sul giudizio finale ha affermato: “Dio non vuole giudicarci, la vita sulla terra non è eterna, che valutazione diamo noi oggi della nostra vita? Che risposta diamo oggi?  Questo significa che la celebrazione eucaristica non è un momento commemorativo, ma è una scuola di fede. Ogni Celebrazione eucaristica e ogni occasione di ascolto della Parola di Dio che viene proclamata, ci pone una serie di domande che non possiamo eludere”.

“Che cosa dobbiamo fare - si è chiesto Seccia -? Metterci in un atteggiamento di preghiera per i nostri defunti che sarà anche occasione per un esame di coscienza sul tipo di relazione che abbiamo avuto con questi nostri fratelli, sorelle, cognate, cugini e parenti. La Parola di Dio ci viene in aiuto in maniera straordinaria, non per metterci paura della morte, assolutamente, sappiamo che ci aspetta a tutti quanti, ma perché ci mettiamo in un atteggiamento di meditazione, di preghiera, chiedendo al Signore fin da ora: fa che io possa trovarmi pronto in quel momento senza avere rimorsi di coscienza…”.

“La Parola di Dio - ha concluso così l’omelia l’arcivescovo di Lecce - è preziosa, custodiamola nel nostro cuore, facciamone tesoro e al momento opportuno, quando ci viene in mente, vuol dire che ne abbiamo bisogno e la dobbiamo mettere in pratica”. 

Al termine del rito, il presule si è recato sulla tomba dei vescovi di Lecce sepolti nella chiesa cattedrale per la benedizione dei sepolcri e un momento di raccoglimento e di preghiera: “Preghiamo per ciascuno di essi - l’invito del pastore -, ciascuno ha dato la vita per la nostra Chiesa; ciascuno merita la nostra gratitudine, il nostro ricordo e il nostro suffragio. Chiediamo, dunque al Signore che conceda loro il premio promesso ad ogni suo servo fedele”.

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli

 

 

 

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