All’inizio della messa in memoria della visita di San Giovanni Paolo II alla città e alla Chiesa di Lecce, presieduta ieri sera in cattedrale dal card. Stanislaw Dziwsz, l’arcivescovo Michele Seccia ha recato il suo personale indirizzo di saluto al porporato polacco. Ecco il testo integrale.
Eminenza reverendissima, bentornato a Lecce, bentornato in questa terra benedetta dal Signore ed elevata - nella sua lunga e feconda storia - dalla testimonianza di uomini e donne che hanno ricevuto in dono la bellezza della santità.
Il passaggio leccese - trent’anni or sono - di San Giovanni Paolo II, il Pontefice che ha cambiato la storia dell’umanità e che ha notevolmente contribuito anche ad una svolta sostanziale nel progresso e nello sviluppo della terra salentina, è ancora vivo nel ricordo dei meno giovani che, tornando con la mente a quelle due giornate storiche - il 17 e il 18 settembre 1994 - sentono ancora vivi nel cuore il palpito della sua presenza e di quella che in molti hanno ribattezzato come “l’enciclica leccese” di Giovanni Paolo II: parole che hanno inciso fino ai giorni nostri nell’animo profondo di questo popolo.
Venne a Lecce, su invito del compianto arcivescovo e mio amato predecessore, Sua Eccellenza mons. Cosmo Francesco Ruppi, per inaugurare il nuovo seminario e per dare il via al grande Sinodo diocesano, che ancora oggi reca frutti pastorali all’intera arcidiocesi.
In una calda serata di settembre - Lei, eminenza, lo ricorderà bene -, all’arrivo a Lecce, in Piazza Sant’Oronzo, cuore storico della vita cittadina, sorvegliata e protetta dalla colonna romana che accoglie la statua benedicente del nostro santo patrono, il Papa ricevette il primo caloroso abbraccio della città e della Chiesa locale.
Le cronache raccontano che dopo il saluto del compianto sindaco Francesco Corvaglia, non disdegnò - come era solito fare - di scherzare con lui con qualche battuta benevola: “ho visto tutte le strade ben asfaltate e senza buche - gli disse -, non mi dirà che l’avete fatto apposta per la visita del Papa? La città va tenuta in ordine anche se non viene il Papa”.
Ebbe una parola di incoraggiamento per ciascuna delle autorità, soprattutto per il nostro attuale sindaco, la senatrice Adriana Poli Bortone, all’epoca Ministro della Repubblica che recò al Pontefice il saluto del Governo italiano.
Quella sera poi, ormai all’imbrunire, giunto in episcopio per trascorrere la notte in quella stessa stanza dove riposa lei in questi giorni, eminenza, il sorprendente fuoriprogramma: volle affacciarsi dal balcone sulla nostra splendida Piazza Duomo per salutare la folla che lo acclamava.
E lui, poche frasi pronunciate a braccio: “Grazie per questa accoglienza calorosa. Si sente che siamo nel meridione. Dal nord al sud la temperatura cambia. Spero di portare da qui a Roma molte nuove energie”.
Mi fermo qui, eminenza. Mi piace immaginare che probabilmente Giovanni Paolo II sarebbe tornato a Lecce se ne avesse avuto il tempo. Sicuramente è già tornato, da santo, nel cuore di tutti noi. Lo sentiamo vivo e vicino. Pronto ad invitare la nostra Chiesa ad allungare il passo sulla bella via indicata dal Vangelo di Gesù Cristo, per ripetere frasi di elogio per le tradizioni leccesi e soprattutto per sollecitare i giovani, che egli tanto amava, a farsi carico di trasmettere la fede, il coraggio, la voglia di fare, la disponibilità all’incontro… per diventare veri testimoni di dialogo e autentici costruttori di pace fra i popoli.
Oggi, eminenza, la sua presenza in mezzo a noi è un appello vivente alla memoria. Una memoria alimentata dalla Parola che tra poco ascolteremo. Una memoria fortificata dallo “spezzare del pane”, fonte di santità e sorgente di comunione.
Tornando a Cracovia, porti con sé il nostro affetto filiale, la nostra riconoscenza e la preghiera di questa Chiesa che grazie a Lei - che ha avuto il privilegio di trascorrere gran parte della sua vita sacerdotale ed episcopale accanto ad un Santo - riprende nuova energia per camminare verso la santità.
Di questi giorni, porti con sé la grande devozione della nostra gente per San Giovanni Paolo II, manifestata in piccoli o grandi gesti d’amore: l’intitolazione di vie e di piazze, di oratori parrocchiali, di associazioni cattoliche e anche del nostro ospedale oncologico i cui pazienti ogni giorno guardano a Papa Woityla con gli occhi della speranza, riconoscendo in lui un eroico testimone della sofferenza.
Io stesso ho avuto la gioia di consacrare la prima chiesa parrocchiale della diocesi intitolata alla santa memoria di San Giovanni Paolo II e dove lei stesso si recherà domattina per celebrare l’Eucarestia domenicale.
Porti con sé la nostra infinita gratitudine per aver accolto l’invito a tornare in questi luoghi; di tanto in tanto preghi per noi e ci benedica.