Mons.Michele Seccia sta dimostrando molto interessamento e piena soddisfazione per l’attività dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, diventato istituzione della Metropolia di Lecce.
Sta seguendo con attenzione alcuni momenti significativi, interessandosi dell’organizzazione, incontrando i docenti, celebrando “con grande gioia” una messa d’inizio anno con tutti i componenti, presiedendo l’inaugurazione dell’anno accademico, proponendo riflessioni.
Proprio alcune sue considerazioni teologiche, con pregnanti risonanze per la spiritualità personale e il servizio nella comunità di coloro che studiano la teologia, si rivelano particolarmente interessanti e utili.
Con riferimento alla Dei Verbum che precisa che l’approfondimento della Bibbia deve essere “come l’anima della teologia” egli sottolinea la centralità dell’approfondimento della Rivelazione divina nella vita del battezzato e della comunità, poiché “la Chiesa è al servizio della Parola di Dio, nella duplice dinamica dell’ascolto e dell’annuncio del Vangelo”.
Si tratta di realizzare l’unità tra la Bibbia e la vita cristiana. E poiché la nostra scienza è Dio, dobbiamo approfondirne, pur non potendola mai esaurire, la conoscenza con la sua Parola e con l’apporto dei grandi teologi. Introducendoci così nella strada della speranza, nella consapevolezza che l’anima che si sente inquieta comprende che solo in Dio potrà estinguere positivamente la sua sete.
“Approfondire con lo studio delle varie discipline teologiche la Parola di Dio - sottolinea il presule - procura la pace interiore, rendendoci consapevoli che il Signore ci ha creato liberi e capaci di dirgli il sì e il no”, mediante una comunicazione che manifesta la comunione della Trinità divina.
Una comunione che scaturisce dalla Rivelazione che Dio, il Dio trinitario, cioè il Dio che è comunione nel suo stesso essere, fa della sua vita agli uomini e che si manifesta pienamente in Cristo. Con una comunicazione compiuta non a livello didattico, ma coinvolgendo l’intera esistenza.
“A me hanno insegnato che gli studi teologici si compiono dopo essere stati ‘in ginocchio’ “, ha ricordato il Metropolita in occasione della messa del 30 ottobre scorso, per spiegare che occorre coniugare l’attività intellettuale con l’atteggiamento di discepolato orante.
L’arcivescovo, che è “Moderatore” dell’Istituto da quest’anno intitolato “Don Tonino Bello”, ha pertanto rammentato che, quando era studente dell’Università Gregoriana, notava con ammirazione che due noti docenti che si alternavano nelle lezioni entravano nella cappella per una preghiera prima dell’insegnamento: “Osservare questo piccolo ma significativo segno costituiva per me una lezione per adeguare l’intelligenza al sapere”. Non al sapere su Dio, ma con Dio, di Dio.
Naturalmente, occorre invocare sempre il dono dello Spirito, per accogliere, attraverso lo studio, quel Dio che ci creati, ci ha redenti, ci illumina nello studio della teologia.
Risulta così superato, secondo l’insegnamento del Vaticano II, l’impianto apologetico dell’insegnamento teologico e valorizzata la prospettiva cristocentrica e salvifica della Rivelazione.