Jugendpsychiatrische Klinik di Lubliniec, cittadina polacca vicinissima al noto santuario mariano di Jasna Gora, era uno degli ospedali psichiatrici dove, durante la Seconda Guerra mondiale, veniva praticata da nazisti l’eliminazione delle “vite non degne di essere vissute”.
L’operazione nota come Aktion T4 prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da persone con disabilità mentali. “Al reparto B dell’ospedale psichiatrico di Lubliniec i bambini venivano trucidati in maniera programmata”, afferma Kalina Błażejowska, una giovane reporter polacca che alcuni mesi fa ha pubblicato lo sconvolgente libro “Una strage dimenticata” (“Bezduszni. Zapomniana zaglada chorych”). Il volume, basato su minuziose ricerche negli archivi, racconta le tragiche vicende dei malati psichiatrici, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale curati negli ospedali polacchi, ma che dal 1939 vennero sottoposti alla “gestione” dei nazisti.
Immediatamente dopo le formalità dell’ammissione dei bambini alla clinica di Lubliniec, ai piccoli pazienti venivano somministrate delle dosi massicce di un barbiturico assai comune (fenobarbital), in alcuni casi usato a tutt’oggi. La terapia, senza lasciare tracce, in poche settimane provocava la morte dei pazienti, indeboliti anche dalla fame e dalla sete poiché la dieta ospedaliera, come scrive Błażejowska, in pratica era uguale a quella dei campi di concentramento. I bambini durante la loro permanenza in ospedale venivano anche sottoposti a degli esperimenti medici, alcuni dei quali non solo molto dolorosi ma a volte - come la pneumoencefalografia - addirittura mortali. Nessuno tuttavia potrà sapere mai delle sofferenze da loro subite.
I genitori dei piccoli pazienti, obbligati da nazisti a portare i figli in clinica, non potevano opporsi ai trattamenti previsti. Non di rado succedeva poi che il consenso alla terapia veniva loro estorto con l’inganno e con la promessa di un rapido miglioramento dello stato di salute del bambino. Su tutto il territorio del Terzo Reich Błażejowska ha individuato almeno 37 cliniche dove, come a Lubliniec, nell’attuale regione polacca della Slesia, una quarantina di chilometri a sud ovest da Częstochowa, venivano “curati” bambini affetti da problemi psichici che spesso non erano più gravi di disturbi notturni o dell’iperattività oggi riconosciuta come Adhd (disturbo da deficit di attenzione). Almeno quattro di questi ospedali si trovavano sul territorio polacco, dopo lo scoppio della guerra mondiale annesso alla Germania nazista.
Nel settembre del 1939 il dott. Ernest Buchalik, un fanatico nazista, divenne direttore della clinica psichiatrica di Lubliniec. Per aiutarlo arrivò da Berlino la dott. Elizabeth Hecker. Affascinata dalle teorie eugenetiche, era una sostenitrice attiva della legge nazista sulla sterilizzazione forzata, oggi riconosciuta come crimine contro l’umanità, di cui caddero vittime oltre 400mila cittadini tedeschi. A Lubliniec, Hecker poté realizzare il suo sogno: un reparto proprio dove dedicarsi allo studia delle disabilità ereditarie. Solo nel 1945, quando la clinica ritornò nelle mani polacche, i bambini sopravvissuti vennero amorevolmente accuditi dalle suore della Congregazione delle Piccole Ancelle dell’Immacolata Concezione. L’autrice del libro è riuscita a parlare con uno di loro, ormai quasi novantenne. Confessò di essere rimasto vivo dopo le cure con i barbiturici perché - su consiglio della madre - riusciva a disfarsi delle pasticche senza ingerirle.
Dopo la guerra, le autorità polacche aprirono un’indagine (conclusa poi nel 1968) che definì come assassinio la morte di 151 bambini, mentre le altre 147 vittime sarebbero decedute per cause impossibili da definire.
Hecker, a guerra conclusa, fece di tutto per difendersi dalle accuse di aver partecipato al programma nazista di eutanasia denominato Aktion T4. Le uccisioni pianificate da Berlino portarono il totale delle vittime a una cifra che si stima intorno alle 275mila persone.
L’indagine a carico di Hecker venne così archiviata rapidamente. Tornata in Germania, la dottoressa riuscì a rinnovare l’abilitazione all’esercizio della professione di medico e si dedicò allo studio delle malattie mentali infantili. Divenne membro onorario dell’associazione tedesca degli psichiatri e psicologi infantili e insignita di una delle alte onorificenze tedesche; morì in Baviera a metà degli anni ‘80 del secolo scorso.
Prima della guerra, gli ospedali psichiatrici in Polonia spesso venivano allestiti in luoghi appartati e non sempre facilmente raggiungibili. Così i nazisti poterono perpetrare i loro crimini con una certa facilità e quasi di nascosto. Come nel caso dell’ospedale psichiatrico per adulti a Gostynin nella Polonia centrale, non lontano da Płock e da Varsavia, dove furono trucidati con i gas di scarico dei camion alcune centinaia di pazienti. O come nel caso dell’ospedale di Choroszcze, nel nord est della Polonia vicino a Bialystok, dove i nazisti fucilarono e seppellirono nelle fosse comuni non solo i pazienti ospedalizzati ma anche alcune centinaia di coloro che trovarono ospitalità e aiuto presso le famiglie residenti nella regione. In tutti questi casi le indagini avviate dalle autorità polacche vennero archiviate senza l’individuazione dei colpevoli.
Nel caso di malati psichiatrici, osserva Błażejowska, solo il Tribunale di Norimberga in alcuni processi è riuscito a individuare e a condannare gli autori delle stragi. La maggior parte delle vittime però, così come le atrocità da loro subite, rimarrà per sempre senza nome.