“Non votare, dal punto di vista etico, è un atto grave: è un diritto e dovere, afferma la Costituzione. Il non voto mina la sovranità popolare, lasciando a pochi o a gruppi di potere, di comandare a nome e per tutti”, ma “dal punto di vista cristiano è un peccato grave”.
Entra anche la visione cristiana nella campagna contro l’astensionismo. A farsene promotore è don Rocco D’Ambrosio, professore ordinario di filosofia politica presso la Pontificia Università Gregoriana.
Per quanto riguarda i motivi, “ne cito due biblici - spiega il sacerdote -: il potere appartiene a Dio e lo dona a noi perché lo esercitiamo secondo il suo volere, cioè per il bene di tutte le persone e di tutta la persona. È Gesù a ricordarci, inoltre, che dobbiamo “dare a Dio e dare a Cesare”: in una democrazia il voto rientra nei doveri fondamentali verso ‘Cesare’”.
Tuttavia, il docente rileva anche che “sono poche le comunità cattoliche che hanno organizzato momenti di riflessione cristiana sul voto ponendo una domanda molto semplice: qual è la scelta più coerente con la nostra fede? Partendo da Gesù, si dovrebbe dire: Gesù è contento se vado a votare? Se voto questo o quell’altro candidato? Il voto entra, prima di tutto, in una dinamica di relazione tra me e il candidato”. “Nelle elezioni europee e comunali - prosegue - siamo pienamente liberi di scegliere sindaco o presidente o consigliere o europarlamentare, adottando i criteri etici cristiani: posso e devo votare solo quei candidati che hanno requisiti sufficienti di maturità personale, coerenza morale e capacità tecnico-professionali.
Senza questi requisiti del candidato il voto è eticamente inaccettabile. Al discernimento sul candidato, va aggiunto, quasi in sinossi, quello sul partito o schieramento o gruppo europeo con parametri quasi simili, che riguardano valutazioni su programmi, leader e storia recente”.
Ma soprattutto D’Ambrosio ricorda che il Concilio Vaticano II parla del voto “del diritto, che è anche dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del bene comune”. “La visione cristiana del voto - sottolinea - non è una rivendicazione partitica o ideologica. Inserire il voto nell’orizzonte del bene comune vuol dire esercitare un voto che edifichi la città o la grande comunità europea nei principi etici fondanti, sintetizzati nel termine ‘bene comune’, che sono: solidarietà, giustizia, legalità, sussidiarietà, opzione preferenziale per i poveri, pace, salvaguardia del creato, accoglienza dei migranti, difesa dei diritti umani fondamentali”.