Nei giorni scorsi, nell’ambito del 25° Festival del cinema europeo (9-16 novembre 2024), è stato presentato al Multisala Massimo di Lecce il docufilm I Santi di Carta, scritto e diretto da Pascal Pezzuto.
Il film offre un excursus sulla cartapesta leccese dall’Ottocento alla prima metà del Novecento, con inevitabili sintesi e ampi “tagli”, tralasciando volutamente il tema delle origini, che, come è noto, risalgono all’età barocca, e degli sviluppi nel Settecento. Il vero focus della narrazione, tuttavia, si concentra sulla crisi che la cartapesta leccese attraversò negli anni Trenta del Novecento, quando la Commissione pontificia per l’arte sacra fu chiamata a esprimersi sulle sorti dell’industria sacra leccese. Un’industria che, a quei tempi, muoveva notevoli volumi d’affari e che aveva trasformato Lecce nella “capitale” mondiale di questa produzione.
L’autore traccia il profilo di alcuni dei maggiori protagonisti: Antonio Maccagnani (1807-1889), Achille De Lucrezi (1827-1913) (la figura meglio tratteggiata nel film), Giuseppe Manzo (1849-1942) (interpretato dallo stesso Pezzuto), Luigi Guacci (1871-1934) (su di lui solo un breve cenno).
Il film si lascia seguire piacevolmente per oltre un’ora. La storia raccontata da Pascal Pezzuto è ben costruita, anche se ruota attorno a un unico episodio, seppur importante: l’“ostracismo” dell’arcivescovo di Otranto, mons. Cornelio Sebastiano Cuccarollo (1870-1963), nei confronti dell’industria sacra leccese, che portò inevitabilmente all’intervento della Commissione pontificia per l’arte sacra.
Gli ambienti in cui si svolgono le scene sono scelti con cura e ricostruiscono efficacemente l’atmosfera del tempo. La fotografia è accattivante e la recitazione è naturale e spontanea, impreziosita da qualche inflessione dialettale che rende la narrazione più realistica.
Il film è artisticamente valido, anche se il suo autore si concede alcune “licenze poetiche”, dettate probabilmente dalla necessità di rendere il racconto cinematografico più coinvolgente. Nel 1840, ad esempio, un cardinale inviato da Gregorio XVI avrebbe incontrato il vescovo di Lecce, portandogli il beneplacito del Papa e dando un tacito consenso per continuare la produzione di statue in cartapesta a Lecce. In realtà, questa ricostruzione non è documentata. Il barbiere, poi, che avrebbe accolto Achille De Lucrezi da ragazzo, orfano di entrambi i genitori, per apprendere il mestiere, non è un tale “maestro Carmelo” venuto da Roma, bensì Francesco Calabrese (1802-1877), un leccese, che, oltre a fare il barbiere, confezionava statuine per il presepe.
Anche l’istanza dei cartapestai leccesi presso Achille Starace, segretario del Partito Fascista, affinché si prendessero a cuore le sorti della cartapesta e si intervenisse presso Mussolini, non è documentata. Si tratta piuttosto di una coincidenza cronologica: nel 1934, infatti, Mussolini venne a Lecce, accompagnato dal suo segretario, proprio in concomitanza con il pronunciamento della Commissione pontificia per l’arte sacra, che, con la relazione di Corrado Mezzana, assolse completamente la cartapesta leccese.
Non è poi vero che la cartapesta leccese, dopo l’“ostracismo” di mons. Cuccarollo e il pronunciamento del Vaticano, abbia conosciuto un inarrestabile declino fino quasi a scomparire. Essa mantenne la sua vitalità per diversi decenni ancora, anche dopo la Seconda Guerra Mondiale. La tradizione della cartapesta è tuttora viva, grazie a pochi artigiani ancora attivi, sebbene necessiti di maggiori attenzioni da parte delle istituzioni culturali e politiche.
Da questo punto di vista, Il film di Pezzuto, pur con alcune semplificazioni narrative e storiche, rappresenta un’encomiabile iniziativa che ha acceso un faro su una tradizione che è parte integrante del nostro patrimonio culturale.