Accoglienza, inclusione, solidarietà con chi è in difficoltà. Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani), usa queste parole-chiave per descrivere quella che chiama la “missione” dei sindaci.
Tra pochi giorni, insieme ai vescovi saranno loro i protagonisti dell’incontro “Mediterraneo frontiera di pace”, promosso dalla Cei a Firenze dal 23 al 27 febbraio. “Una grande occasione - spiega - per rilanciare il ruolo dell’Italia quale Paese del Mediterraneo al centro di una nuova politica mondiale di pace e di sviluppo”.
Dopo l’incontro di due anni fa a Bari, la sua città, l’appuntamento di Firenze vedrà, per la prima volta, vescovi e sindaci confrontarsi e lavorare insieme sui temi della cittadinanza nel Mediterraneo. Quali auspici nutre per questo evento?
I sindaci e i vescovi, pur da posizioni distinte e con compiti molto diversi, condividono una missione: devono prendersi cura ogni giorno delle comunità che sono state loro affidate, e che mai come in questo periodo sono attraversate da fragilità, diseguaglianze, tensioni sociali che possono anche portare a divisioni, a conflitti che aggravino spesso la convivenza sociale. Penso al tema cruciale dell’accoglienza e soprattutto della inclusione dei migranti: questa è la prima questione alla quale Papa Francesco ci ha voluti richiamare, qualche giorno fa in Vaticano, e l’ha fatto con grande energia e decisione. Discutere di “cittadinanza nel Mediterraneo” significa secondo me anche questo: fare il punto sull’emergenza quotidiana causata dalla fuga di intere famiglie da Paesi afflitti da guerre e povertà, che diventa tragedia quando i migranti finiscono nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Le sponde del Mediterraneo, da sempre crocevia di popoli e culture, sono ormai, sempre più spesso il teatro di questa crisi umanitaria e le nostre città - in particolare le città di mare, come la mia - sono perfettamente consapevoli che, seppure limitate nelle competenze, condividono la responsabilità di offrire soluzioni di accoglienza e inclusione che abbiano come obiettivo l’integrazione di chi arriva, con la comunità di accoglienza. In questo, noi sindaci non ci siamo mai tirati indietro e ormai da anni collaboriamo con il governo per l’individuazione di soluzioni di accoglienza ponderata e gestita dalle cosiddette comunità di arrivo. Per noi non esiste accoglienza possibile senza integrazione. A chi sceglie il nostro Paese per far crescere i propri figli dobbiamo dare una possibilità concreta di vita migliore.
Il momento culminante delle giornate fiorentine sarà l’incontro con il Papa, che il 5 febbraio scorso ha ricevuto i sindaci dell’Anci in udienza. Sia Papa Francesco in quella occasione, che il presidente Mattarella nel discorso in apertura del suo secondo mandato, hanno messo l’accento sulle disuguaglianze sociali come una delle cause principali del mancato sviluppo del Paese. Da qui si deve ripartire per il dopo-pandemia?
L’udienza che Papa Francesco ha dato a noi sindaci ha rappresentato veramente un momento speciale. Non solo perché abbiamo sentito rinnovate nelle sue parole la vicinanza, l’affetto e la considerazione con la quale ha sempre voluto seguire il nostro lavoro al servizio delle comunità. Ma anche per l’incitamento particolare che abbiamo ricevuto: ad ascoltare chi fra i nostri concittadini soffre maggiormente per la solitudine, per l’isolamento, per le difficoltà economiche o le marginalità sociali. Situazioni che purtroppo la pandemia ha accentuato in tanti casi e che sono emerse preponderanti in poco tempo. Questa è la nostra missione quotidiana: tendere la mano a chi in questo momento vive in una condizione di difficoltà, che sia sociale o economica, non importa. Perché la salute del nostro Paese è una dimensione complessa, che ha più sfaccettature e mai come negli ultimi due anni ne abbiamo compreso l’importanza. Per questo l’incontro in Vaticano è stato importante, ci ha dato uno sprone e una motivazione in più per affrontare i problemi delle nostre città. Una spinta analoga l’abbiamo recepita al momento dell’insediamento del Capo dello Stato. Entrambi ci hanno ricordato l’urgenza e la necessità di curare prima di ogni altra cose le ferite che la pandemia ha aperto o ha approfondito nel corpo sociale delle nostre città.
Giorgio La Pira, con i Colloqui Mediterranei, ha profeticamente inaugurato una tradizione che proprio a Firenze intende rinnovarsi. Su quali temi è più urgente ora sensibilizzare l’opinione pubblica e il governo?
In questi giorni rievocare la figura di Giorgio La Pira - come abbiamo fatto anche il 5 febbraio insieme a Papa Francesco - non può che indurci a parlare di pace. Da sindaco, La Pira volle che Firenze fosse la sede e il punto di riferimento di ripetuti confronti internazionali, ad altissimo livello, tesi a superare i grandi rischi che la pace nel mondo correva negli anni ’50 e ‘60. Oggi le cronache internazionali, con gravi segnali di tensioni crescenti e concreti rischi di conflitto armato, ci dicono che è quanto mai urgente tornare a parlare di pace, di convivenza e dialogo tra paesi e governi. Lo Stesso Santo Padre ha richiamato più volte le autorità mondiali al dialogo e alla ricerca di soluzioni che allontanino qualsiasi tipo di guerra e sopraffazione. Mi auguro che le giornate di Firenze, anche grazie alla forza e alla lungimiranza di due figure di spicco quali sono Papa Francesco e il presidente Mattarella, possano essere d’ispirazione per tutti noi: una grande occasione per rilanciare il ruolo dell’Italia quale Paese del Mediterraneo al centro di una nuova politica mondiale di pace e di sviluppo.