0
0
0
s2sdefault

Si è svolta ieri mattina la solenne celebrazione eucaristica per la riapertura al culto della basilica cattedrale di Oria.

 

 

 

La chiesa cattedrale di Oria era chiusa da tre anni per consentire i necessari interventi di consolidamento, restauro e adeguamento liturgico.

Alla presenza del vescovo mons. Vincenzo Pisanello, dell'arcivescovo metropolita di Taranto, mons. Filippo Santoro, dei vescovi Leonardo D'Ascenzo (Trani – Barletta - Bisceglie), Fernando Filograna (Nardò-Gallipoli) e Vito Angiuli (Ugento - Santa Maria di Leuca), la santa messa è stata presieduta dal Segretario di Stato della Città del Vaticano, il card. Pietro Parolin che, nel corso della sua omelia, ha rivolto al clero, alle religiose e ai religiosi, alle autorità civili e militari e al popolo di Dio nella Chiesa di Oria parole di speranza e unità. Proponiamo di seguito un estratto dell'omelia del cardinale Parolin

"Vi reco il saluto affettuoso del Santo Padre Francesco, assicurando la sua vicinanza spirituale a ciascuno di voi e alla vostra terra. Egli conosce le preoccupazioni, gli interrogativi e i problemi che recano le comunità, ma sa pure quanto profonde siano la fiducia e la forza d'animo che ciascuno di voi e che le vostre comunità portano in sé. Posso ben immaginare che questa Cattedrale è un luogo molto caro alla vostra città, perché è parte importante della vostra storia, della vostra identità e soprattutto della vostra fede, che è stata trasmessa di generazione in generazione. La cattedrale è la chiesa nella quale si trova la cattedra del vescovo, il luogo nel quale viene offerto alla comunità l'insegnamento autorevole. Ma sbaglieremmo se pensassimo che l'insegnamento del vescovo sia prima di tutto un elenco di regole, di norme da esporre in modo preciso, senza errori ed omissioni. Il vescovo è anzitutto successore degli apostoli e il suo insegnamento è una testimonianza: la testimonianza di un incontro e di un'esperienza di vita, prima che un sistema dottrinale. All'origine dunque c'è una persona, Gesù, e da Lui parte quella avventura che si chiama Chiesa e che è fatta con la vita concreta di tutti coloro che in Gesù hanno creduto e che cercano di vivere, con tutti i propri limiti, secondo il Vangelo. La cattedrale è perciò il luogo nel quale la relazione con Gesù può rigenerarsi e rimanere vitale. Per questo c'è questa cattedra, perché attraverso la parola umana, concreta, quella del vescovo, i credenti possano entrare in comunicazione con una Parola eterna, la Parola del Vangelo”.

“La Chiesa madre che si rende visibile in questo sacro edificio - ha sottolineato il Segretario di Stato Vaticano - è il segno che persone diverse, provenienti da luoghi ed esperienze diverse, diventano un unico popolo, unito dalla Parola della Carità. A questo serve il vescovo, come centro dell'unità. Oggi dedichiamo anche il nuovo altare, nel giorno in cui facciamo memoria del patrocinio di San Barsanofio, grande monaco del deserto di Palestina, del quale la Chiesa di Oria ha il vanto di custodire da mille anni le sante reliquie. Egli come Pietro ha lasciato tutto per seguire il Signore, ha condotto così una vita austera ed è diventato noto soprattutto per la sua saggezza al momento che veniva consultato da persone di ogni estrazione sociale. Anche nel nostro tempo, anche noi, fratelli e sorelle, possiamo imparare molto dai monaci come lui. Essi ponevano la preghiera al centro della loro vita e sottolineavano la necessità di essere e vivere sereni alla presenza di Dio, la famosa preghiera del cuore. Non a caso, il vero cristiano prega non solo in chiesa, ma anche quando ritorna in famiglia o quando va al lavoro o in qualsiasi altro luogo in cui vive la sua vita”.

“In realtà, ormai da tempo - ha aggiunto - la società contemporanea celebra molti riti in vari ambiti come nei centri commerciali che sembrano essere diventati i beni colonizzabili del nostro tempo. La domenica, prima della pandemia, gli stadi sono più frequentati delle chiese e sono diventati luoghi di rituali sacri, da osservare rigorosamente. Ma a ben vedere, il vero luogo che crea comunione per noi cristiani, è e deve rimanere sempre l'altare al quale si rinnova la gioia dell'incontro con Cristo che nessuna età e nessun acciacco della vita, man mano che progredisce l'età, può cancellare”.

“Oggi dedichiamo questa cattedrale con un'invocazione particolarmente solenne nella quale preghiamo che il povero trovi misericordia, l'oppresso ottenga libertà vera e ogni uomo goda della dignità, finchè tutti giungano alla gioia piena nella Santa Gerusalemme nei cieli. Ricordiamo ancora che nelle nostre città ci sono tanti altari sui quali si compiono i sacrifici della solitudine, della disperazione, della prova. Ci sono vari santuari della sofferenza dove si consumano giorni e notti di dolore e di abbandono. Oltre che nelle chiese, quindi, siamo chiamati a servire a questi altari, siamo chiamati a visitare questi santuari. Dobbiamo uscire dai nostri recinti per annunciare il Vangelo e testimoniare lo stile delle beatitudini alle persone che abitualmente non varcano le soglie delle nostre chiese”.

“Papa Francesco - ha concluso il cardinale - non si stanca di raccomandarci di essere ‘Chiesa in uscita’, così da avere il coraggio di andare incontro a Cristo là dove si fa riconoscere nel volto dei poveri, dei sofferenti, degli emarginati e di portare il suo Vangelo a chi lo cerca con umiltà di mente e con sincerità di cuore".

 

 

Racconto per immagini di Debora Mele

 

 

 

Forum Famiglie Puglia