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Come già notiziato da Portalecce, lo scorso 9 gennaio è entrata in vigore la nuova Ratio nationalis per la formazione dei futuri presbiteri nei seminari del nostro Paese, promulgata dalla Conferenza episcopale italiana a seguito di un lungo lavoro di studio e di approfondimento durato quasi otto anni dopo la pubblicazione, nel 2016, per la Chiesa universale della Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis.

 

 

 

 “La formazione dei presbiteri nelle Chiese in Italia. Orientamenti e norme per i seminari” (SCARICA IL TESTO INTEGRALE) sarà, dunque, il documento di riferimento per i progetti formativi dei prossimi anni per i seminari italiani. Per capirne di più, Portalecce ne ha parlato con don Gianni Caliandro, rettore del Seminario regionale pugliese di Molfetta.

 

Don Gianni, a distanza di otto anni dalla Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, la Conferenza episcopale italiana ha pubblicato "Orientamenti e norme per i seminari". Può spiegare brevemente ai lettori di Portalecce la differenza tra i due documenti e a cosa servono?

Si tratta di due documenti che manifestano l’attenzione e la sollecitudine della Chiesa per la formazione dei futuri presbiteri. Il primo, la “Ratio fundamentalis”, è un documento della Santa Sede - precisamente della Congregazione (oggi Dicastero) per il Clero - pubblicato nel 2016, che continua un cammino iniziato già nel 1970, quando fu promulgata la prima “Ratio fundamentalis”, che recepì gli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Questa prima “Ratio” fu poi modificata ed aggiornata nel 1985, e arricchita da tanti pronunciamenti dei Papi (fra tutti si può ricordare la “Pastores dabo vobis”, Esortazione apostolica post-sinodale di San Giovanni Paolo II, del 1992), fino a Papa Francesco, che ha dato un grande impulso alla promulgazione di questo ultimo documento del 2016. La Chiesa ha sempre sentito la necessità di accompagnare con lucidità e premura i percorsi formativi, sentendo la responsabilità di indicare con precisione ai seminari di tutto il mondo orizzonti, orientamenti, prospettive educative e spirituali. Il secondo, invece, entrato in vigore il 9 gennaio, è un documento dei vescovi italiani, che hanno recepito le indicazioni della Santa Sede applicandole più da vicino alla situazione italiana, e fornendo a tutti i seminari del Paese una serie di orientamenti e di norme che possano costituire il riferimento magisteriale e l’ispirazione per la stesura dei progetti formativi di ciascuna comunità seminariale italiana. Possiamo dire che questi due documenti sono la manifestazione di come la Chiesa voglia da un lato tenere insieme prospettive educative generali comuni, e dall’altro una concreta attenzione al contesto e alle tradizioni delle Chiese locali.  

 

Quali sono le direttrici su cui si muove la Ratio nationalis? Su che cosa dovrà puntare nei prossimi anni la formazione dei futuri presbiteri in Italia?

La prima direttrice è quella di rendere concreta la visione di una formazione unica, integrale, comunitaria e missionaria, così come è stata proposta nel 2016 dalla “Ratio fundamentalis”. Si tratta di creare un’armonia integrata tra le dimensioni indispensabili ad un cammino formativo efficace (la dimensione umana, insieme a quella spirituale, culturale e pastorale), dando loro una più decisa prospettiva missionaria, vista la crescente scristianizzazione della società italiana. Raccogliendo la tradizione precedente, la “Ratio” del 2016 ha insistito molto sulla dimensione comunitaria della formazione, e sulla prospettiva missionaria, e la “Ratio” italiana recepisce tale orientamento. La seconda linea guida del documento dei vescovi italiani appena promulgato è quella di una formazione sinodale, in cui i giovani che si preparano al ministero ordinato sappiano apprezzare e valorizzare le altre vocazioni, sentirsi parte di un popolo accomunato dall’identità battesimale, sempre più capaci di un esercizio della funzione di guida che riconosca la ricchezza e il contributo di tutti, e si tengano lontani da ogni rischio di clericalismo e di autoritarismo.

 

Il calo delle vocazioni e, di conseguenza, delle ordinazioni sacerdotali è un dato oggettivo, specie in occidente. E anche in Puglia. Crede che il seminario - così come tradizionalmente concepito - sia ancora l'esperienza formativa più adeguata per preparare i giovani chiamati al sacerdozio?

Il calo delle vocazioni sta segnando profondamente tutta l’Italia, e anche le nostre Chiese pugliesi, segno di un grande calo demografico ma anche della fatica che facciamo nelle nostre proposte pastorali - possiamo dircelo con onestà - ad intercettare la straordinaria complessità dei mondi giovanili. Il seminario viene in un secondo momento, accoglie giovani che già hanno compiuto un primo accostamento alla propria comunità parrocchiale e diocesana guidati dalla percezione iniziale di una chiamata vocazionale. Esso è lo strumento che la Chiesa, da molti secoli ormai, ha saputo elaborare per realizzare l’accompagnamento di chi si prepara a vivere il presbiterato. Esso è solo uno strumento, il vero fine è l’accompagnamento formativo. Detto questo, però, mi sembra che oggi sia ancora il seminario a garantire un percorso pensato e strutturato organicamente di un tale accompagnamento, e quindi ci penserei mille volte prima di chiudere i seminari, senza avere una concreta e precisa alternativa che fornisca tali accompagnamenti. Del resto, il volto delle comunità dei seminari è molto cambiato, negli ultimi decenni essi si sono molto aperti, destrutturati e arricchiti di molte presenze educative rispetto alla classica immagine del collegio che tutti ci portiamo nel nostro immaginario. Certo dobbiamo continuare ad andare nella direzione di una sempre maggiore adesione alla realtà concreta delle comunità ecclesiali, e soprattutto alla presenza di figure femminili che possano dare il loro contributo formativo ai giovani seminaristi. Abbiamo iniziato (per esempio da anni ormai a Molfetta invitiamo delle donne a predicare gli esercizi spirituali ai seminaristi, così come delle docenti donne insegnano nella Facoltà Teologica Pugliese), ma dobbiamo ammettere che è ancora troppo poco e dobbiamo andare più decisamente in questa direzione.

 

Quali strategie suggerisce la Ratio circa il discernimento? Quale il punto di partenza? E quali gli obiettivi finali?

All’interno della “Ratio nationalis” vengono indicati con precisione alcuni elementi che possono costituire il punto di partenza - le condizioni di possibilità, potremmo dire - per iniziare un cammino: una esperienza viva di fede, una personalità sufficientemente sana ed equilibrata dal punto di vista umano e relazionale, una vera passione apostolica e missionaria, una preparazione culturale di base che permetta poi lo studio della filosofia e della teologia, e un almeno iniziale orientamento alla vita celibataria. Naturalmente il discernimento deve verificare la presenza di questi elementi considerandoli come germi iniziali da sviluppare ed accompagnare, non come esiti già compiuti e radicati nella persona. L’esperienza ci insegna che la situazione sociale, culturale, familiare è ormai così complessa che spesso le storie di vita dei nostri ragazzi richiedono tanto tempo, tanta accoglienza e premura perché si possano innescare processi profondi di crescita e di maturazione. Il cuore di questi percorsi deve restare la vita di fede, perché ogni persona cresce soprattutto se messa davanti ad un orizzonte di valori che attirino e promuovano il cammino personale, e per noi questo orizzonte è quello del vangelo e, attraverso di esso, della scoperta della presenza del Signore vivente che cammina accanto a noi anche nelle fatiche della vita. Accanto a questo primato della vita di fede, occorre sostenere ed incoraggiare la maturazione umana dei giovani, che è il campo nel quale può attecchire il seme della fede, un campo che va arato e dissodato perché sia sempre più ospitale.

 

In altre parole, proiettandosi nel domani, quale prete "disegna" la Ratio nationalis per le Chiese che sono in Italia?

La “Ratio” richiama un passaggio del discorso di Papa Francesco a Firenze nel 2015, al Convegno delle Chiese in Italia, nel quale il Papa invitava la comunità cristiana ad assumere lo spirito dei grandi esploratori italiani. Si tratta allora di concepire il ministero dei preti davvero come quello di missionari esploratori che devono imparare ad avventurarsi nelle grandi novità che questo tempo presenta, tenendo ferma la loro identità di discepoli del Signore. sarà infatti il legame personale con Cristo che li aiuterà a non perdersi e a non fare di questa esplorazione un naufragio, trovando contemporaneamente proprio in Lui il coraggio di avanzare per un terreno che spesso non è del tutto conosciuto, perché in continuo cambiamento. Il cuore fermo, nel legame con Cristo, e la sensibilità aperta e disponibile verso tutti.

 

In che maniera la Ratio verrà analizzata, studiata e recepita nel nostro seminario regionale? In quale piano formativo dovrà confluire e tradursi? Come pensate di muovervi come equipe e come comunità?

Adesso che abbiamo il testo promulgato ufficialmente, dopo la conferma del Dicastero per il Clero, inizieremo a leggerlo e ad analizzarlo con attenzione, perché esso dovrà costituire il punto di partenza e la guida per la stesura del progetto formativo della nostra comunità, strumento ultimo e concreto che invererà tutto il cammino ecclesiale iniziato con la “Ratio fundamentalis”. Naturalmente questo ultimo tratto di lavoro sarà compiuto nell’ascolto e sotto la guida dei nostri Vescovi pugliesi, che restano i veri responsabili della formazione sacerdotale.

 

Forum Famiglie Puglia