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È passato un mese dal suo ritorno al Padre ma il ricordo di Padre Gianni Capaccioni resta vivo più che mai. E non solo nella sua comunità religiosa di Cavallino ma anche nella grande famiglia missionaria di laici che Padre Gianni ha seguito e curato nei tanti anni di permanenza nel Salento.

 

 

 

Domani, 13 maggio, alle 18 nella casa comboniana, nel grande parco davanti al Crocifisso, la celebrazione eucaristica in suffragio di Padre Gianni nel trigesimo della morte.

“È solo un mese che non c’è più. Ma a me mancano i suoi occhi, il suo sorriso, la sua ironia, le piccole scaramucce, le passeggiate nel parco, le confidenze... Il padre ascoltatore mai giudice”. Così si esprime Leanna Totaro, una delle figlie spirituali di Padre Gianni, nel ricordare il missionario scomparso.

“Se cerco nel ricordo lontano - sottolinea -, vedo il gioioso fermento dell’animazione missionaria cominciata con Padre Alex Zanotelli e proseguita con Padre Gianni Capaccioni e con tanti altri, testimoni e continuatori dell’opera del Comboni e di cui sono frutto i laici missionari comboniani (anche io) e tanti giovani che hanno saputo e voluto cercare un orizzonte diverso. Quanto amore ci ha suscitato, quante cose inutili abbiamo eliminato dalla nostra vita per andare verso l’essenziale del messaggio evangelico che Padre Gianni aveva nel Dna: accogliere e condividere. Accogliere il povero che è tra noi riconoscendolo nell’immigrato, nell’abbandonato, nell’escluso. Padre Gianni è questo: gli ultimi nella sua carne, l’Africa nel suo cuore”.

“Ha portato qui la cultura africana - prosegue la dott. Totaro -, l’arte, la musica perché capissimo la bellezza di quel continente. Lo ha fatto con iniziative di informazione, con mostre mercato (il mercatino d’artigianato presso la comunità di Cavallino è sempre aperto e capace di finanziare l'orfanotrofio del “suo Benin”), con incontri musicali, con i ‘percorsi’ per le scuole salentine sviluppati nel parco dei Comboniani, per distogliere i più giovani dall’istinto del possedere aprendogli il mondo della condivisione con i popoli tutti. Ha colto occasioni di celebrazioni di matrimoni e altri sacramenti per spiegare il significato delle maschere rituali africane, in particolare quella della ‘umana unità’.

“Oggi, io, noi che lo abbiamo conosciuto - conclude - saremo capaci di continuare in questa terra la sua opera? Piango e mi arrabbio Signore perché ce lo hai tolto... eppure ti ringrazio perché ce lo hai dato”.

 

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