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Sono circa 1400 le lettere dei fedeli di Monteroni e dei comuni limitrofi che ieri mattina, dopo aver celebrato la messa, il responsabile della peregrinatio antoniana, Padre Egidio Canil, ha deposto sul sepolcro di Sant’Antonio nella basilica di Padova.

 

 

È questo il commovente epilogo delle storiche giornate che hanno visto la presenza delle insigni reliquie del mistico francescano a Monteroni, in occasione della festa patronale. Semplici biglietti o estese missive, invocazioni e preghiere, pagine scritte per supplicare una grazia o esprimere gratitudine per un bene ricevuto, quei fogli giunti in Veneto testimoniano davvero il sincero amore di tutta una comunità verso il proprio protettore celeste. In fondo è così, i santi sono davvero nostri padri, fratelli e sorelle. Certo, non in senso biologico ma in maniera ben più alta. Siamo infatti uniti a loro dai vincoli di parentela spirituale istauratisi attraverso il battesimo. Essi sono nell’eternità, vivono felici nella luce di Cristo ma vorrebbero che anche noi, loro piccoli figli, possiamo giungere a conseguire questo massimo bene. Per tal motivo, sono sempre pronti a pregare Dio per noi, ad aiutarci, a soccorrerci anche nelle necessità materiali, a proteggerci, se ci rivolgiamo loro con fede retta e con il cuore lontano dal peccato. È meraviglioso per un cristiano sapere di avere una stupenda famiglia in cielo. Del resto, il culto per i santi, come quello per gli angeli e per la Vergine, non allontana affatto da Cristo ma anzi rende l’amore verso il Salvatore più profondo.

Sicuramente Sant’Antonio avrà già letto ogni messaggio che gli è stato indirizzato ed è pronto ad abbracciare col suo animo generoso tutte le paure, le speranze, le attese che gli sono state confidate.

Intercederà presso quel Gesù Bambino che porta tra le braccia per le grazie richieste e, se queste saranno conformi al giusto volere divino, senza dubbio giungeranno. In ogni caso, una risposta a tutti i suoi devoti, il santo l’ha già donata, indicando la strada da seguire. È il famoso “breve antoniano”. Si narra che nel XIII sec., nella città lusitana di Santarém, una donna, spesso vittima di tentazioni demoniache ed ormai disperata, avesse deciso di togliersi la vita gettandosi nel fiume Tago. Passando davanti ad una chiesa francescana, vi entrò in un ultimo, estremo, tentativo di salvezza. All’improvviso, Sant’Antonio le apparve consegnandole un foglietto sul quale era scritto in latino: “Ecce Crucem Domini. Fugite partes adversae, vicit leo de tribù Iuda, radix David. Alleluia, alleluia”, “Ecco la croce del Signore. Fuggite o avversari, perché ha vinto il leone della tribù di Giuda, stirpe di Davide. Sia lodato Iddio”. Questa pergamena guarì la donna da ogni male dell’anima e ne scongiurò il suicidio. La cosa fu risaputa in tutto il Portogallo e da allora i frati iniziarono a raccomandare ai fedeli questa invocazione, soprattutto quando si vivono momenti di angoscia o sofferenza. Secoli dopo, il papa francescano Sisto V (1521-1590) la fece incidere sulla base dell’obelisco di Piazza San Pietro.     

 

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