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Ci sono ricordi davvero delicati, finanche commoventi, nella memoria di una piccola comunità. Nel caso di Monteroni era nota quella tendenza, tipica dei nonni, delle persone di un tempo, di leggere, con disarmante limpidezza, qualsiasi avvenimento in chiave soprannaturale. Si può provare a farlo ancora.

 

cronaca

 

E la mente corre a quelle splendide giornate di Agosto dello scorso anno quando le insigni reliquie di Sant'Antonio lasciarono Padova per essere accolte tra queste case. Sant'Antonio, si sa, ama in modo speciale i monteronesi. E, conoscendo il suo animo generoso, certo non avrebbe mancato di ricambiare l'abbraccio del paese che lo onora come patrono con tredici straordinarie grazie, com'è solito fare. Pensiamo che la prima sia giunta proprio con il cardinalato di mons. Marcello Semeraro. Un evento unico del quale tutta la comunità ha da rallegrarsi ed essere giustamente orgogliosa: sono infatti pochi i comuni italiani che oggi possono vantare un concittadino tra i membri del Sacro Collegio. Un evento altresì storico perché compendia, quasi in un'icona, l'identità più vera e profonda dell'anima monteronese che, accanto ai valori dello spirito di sacrificio e della laboriosità, ha sempre testimoniato, quasi con una santa fierezza, il proprio essere cattolica sin nelle più remote radici.

Sono stati questi i sentimenti che hanno permeato il primo momento dell'indimenticabile pomeriggio che Monteroni ha vissuto nella giornata di sabato 19 dicembre. Il neocardinale - per tutti rimasto qui semplicemente don Marcello - è stato ricevuto con gioia, presso il palazzo di città, dal prefetto di Lecce, Maria Rosa Trio e dalla giunta comunale presieduta dal sindaco Mariolina Pizzuto che non ha mancato di ricordare il fortissimo legame che mons. Semeraro ha sempre mantenuto col suo paese d'origine, anche quando gli importanti impegni e le notevoli responsabilità di servizio ecclesiale cui è stato chiamato gli hanno imposto di vivere lontano dal Salento.

Particolarmente toccante poi la concelebrazione eucaristica presieduta dal cardinale nella chiesa matrice dell'Assunta con l'arcivescovo Michele Seccia ed il parroco don Giuseppe Spedicato. In quel luogo, che rappresenta il vertice della passione dei monteronesi per il cielo e che custodisce il magnifico crocifisso miracoloso, ogni singola pietra potrebbe raccontare la vita di don Marcello, dal suo battesimo, ai primordi della sua vocazione, al suo essere sacerdote e vescovo. «In Spiritu Seminare», recita il cartiglio del suo emblema episcopale. Espressione che richiama sì il cognome del neo-porporato (nomen omen, un tempo si diceva, "nel nome il destino") ma che è anche un richiamo allo stupendo aforisma di Paolo ai Galati: «Chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà la vita eterna». Ed è proprio questo seme di vita, il "seme raro", perché prezioso, della fede nella resurrezione di Cristo, che i monteronesi del lontano passato accolsero e che le generazioni successive fecero proprio sin nella più intima fibra, che ha rappresentato l'amore più grande per don Marcello.       

 

Photogallery di Rodolfo Pati

       

 

 

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