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Sono passati 6 decenni da quando il giovane trepuzzino Arcangelo Giordano veniva ordinato presbitero.

 

 

 

Era ancora buio quando il diacono, allora educatore nel seminario vescovile della Chiesa di Albano Laziale, scese in cappella per pregare dinanzi al tabernacolo prima di iniziare quella che diventerà la giornata più bella della sua storia vocazionale. Lui, comprensibilmente, non riusciva a prendere sonno tanta era l’ansia, l’attesa, la trepidazione… ma scoprì ben presto che non era il solo. Mons. Raffaele Macario, vescovo ausiliare della diocesi suburbicaria di Albano che da lì a poche ore gli avrebbe imposto le mani, alle sei del mattino era lì in ginocchio a pregare, solo, nel silenzio della notte. Eppure, lui di sacerdoti ne aveva ordinati tanti, ma sentiva sempre una “responsabilità” nel conferire ad un giovane quel sacramento così speciale che ogni volta era come se fosse la prima.

Per quel giovane che veniva dal Tacco d’Italia fu un insegnamento di fede profondo, che ha segnato la strada del suo ministero: prima di ogni decisione, di ogni azione, di ogni scelta mettersi in ginocchio dinanzi a Dio. Oggi don Arcangelo nella sua Trepuzzi taglia il traguardo dei 60 anni di vita presbiteriale celebrando quotidianamente l’Eucaristia e amministrando il sacramento della riconciliazione nella chiesa madre, quella stessa chiesa dove nello stesso mese di 90 anni fa veniva battezzato. Fin da piccolo la parrocchia sarà la sua seconda casa: la sua casa è proprio accanto alla chiesa, il padre ne è il sacrestano. Serve la messa ogni mattino, e l’arciprete sceglie di fargli ricevere la prima comunione prima del tempo, dopo aver vinto insieme ad un gruppo di altri fanciulli una gara di catechismo: di quel gruppo lui però è il più piccolo, e riceve l’Eucarestia a soli 6 anni.

La sua vocazione però maturerà più in là: finiti gli studi liceali e intrapresa la carriera militare nell’aereonautica, è qui, più che ventenne, che sente la chiamata del Signore che per lui ha in serbo “altre rotte” da intraprendere. Rimanendo nel Lazio diviene seminarista della diocesi di Albano, dove sarà ordinato presbitero e che servirà per quasi tre decenni sia come formatore nel seminario vescovile (economo, vicerettore ed insegnante di matematica), e poi come pastore del popolo di Dio (per molti anni arciprete della chiesa collegiata della Santissima Trinità di Genzano di Roma).

Il legame con la sua terra non viene mai meno, e ogni anno quando può torna nella sua Trepuzzi, specialmente nel mese di agosto in occasione dei festeggiamenti della Madonna Assunta. Nel 1989 lascia la diocesi di Albano per tornare a Lecce, e mons. Cosmo Francesco Ruppi gli affida la parrocchia del Sacro Cuore di Monteroni. Ma vi resterà poco perché nel 1992 l’arcivescovo gli chiede una nuova sfida pastorale: tornare nella sua cittadina per erigere una nuova chiesa parrocchiale, la cui edificazione - pensata già dal vescovo Francesco Minerva - è bloccata da più di 11 anni. Così quell’anno ritorna a Trepuzzi subentrando come parroco a don Alfredo Quarta nella parrocchia di Maria SS. Addolorata.

Sono anni di progetti, sacrifici, ma grazie al suo zelo e alla sua tenacia finalmente la nuova chiesa inizia a diventare realtà: il 18 settembre 1994 porta dinanzi a San Giovanni Paolo II la prima pietra, definito il sito della costruzione pone la prima pietra con mons. Ruppi il 26 dicembre 1996, e finalmente il 24 maggio 2003 il nuovo tempio viene consacrato. Tutto questo impegno però, viene affiancato da una profonda azione pastorale nella comunità dell’Addolorata - Santa Famiglia e non solo. Mons. Ruppi gli affida anche incarichi a livello diocesano come assistente del settore adulti di Azione cattolica e dei Gruppi di preghiera “Padre Pio”. Grande è il lavoro con queste associazioni laicali nella formazione dei laici, e riesce a fondare e seminare i gruppi di preghiera in tutto il territorio della diocesi, passando così durante i suoi vent’anni di assistente da 0 a 30. Si può certamente definire don Arcangelo come un parroco dalla presenza certa e discreta. Fino all’età degli 80 anni, quando lascerà la parrocchia a don Alessandro Scevola, ogni giorno usciva di casa alle 5.30 per essere attivo in parrocchia fin dalle 6 del mattino. La sua attenzione andava oltre i già gravosi impegni parrocchiali. Mai chiuso nelle mura della sacrestia ha dato sempre la sua disponibilità nelle varie realtà cittadine come associazioni e circoli, che potevano contare sul suo paterno e amichevole consiglio e sulla sua disponibilità.

“Grazie” è la parola sola e semplice che don Arcangelo ha sempre insegnato a dire. Grazie è la parola che la comunità cristiana di Trepuzzi sente di rivolgere a Dio per il dono del ministero di don Arcangelo Giordano. 60 anni fatti di storie, di volti, di sorrisi. Tutti consegnati all’altare del Signore, sul quale è salito oltre 30.000 volte, e ora anche sull’altare della sofferenza. Una sofferenza però non sterile, ma che porta frutti di grazia e di amore.

 

 

 

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