“È stato un colpo al cuore vedere le immagini di ettari di vegetazione e di macchia mediterranea, preda del fuoco nella nostra San Cataldo - sono le parole dell’arcivescovo Michele Seccia all’indomani degli incendi divampati nella marina dei leccesi -”.
“E poi i beni andati in fumo, le case bruciate, la paura dei residenti e il terrore dei villeggianti che sono fuggiti per evitare il pericolo del fuoco che avanzava… Sono fatti molto gravi - aggiunge Seccia - e se è vero quel che fanno intendere gli esperti, queste azioni compiute da menti criminali per distruggere la natura e mettere a rischio la vita stessa degli uomini, sono da annoverare tra i peccati contro la creazione e contro la casa comune, come ama chiamarla Papa Francesco”.
“In casi come questo - spiega l’arcivescovo di Lecce - invocare i cambiamenti climatici, la cui più grande responsabilità ricade tuttavia sui popoli più evoluti, non ha molto senso. Qui intravedo il chiaro tentativo di umiliare la nostra terra. Poca prevenzione? Incuria? L’abbandono delle campagne? Tutto vero ma nulla si può fare di fronte alla scellerata determinazione di chi ha deciso di appiccare il fuoco”.
“Sono vicino a coloro che hanno subito gravi danni ma soprattutto sono grato - e su di loro invoco la benedizione del Signore - ai Vigili del Fuoco, alla Protezione Civile, agli operatori sanitari che hanno fatto gli straordinari, ai tanti soccorritori improvvisati, ai comuni cittadini volontari, al sindaco Salvemini che ha seguito in prima linea le operazioni di spegnimento dei roghi e di messa in sicurezza dei luoghi e delle persone. E con lui mi unisco nel chiedere alla Regione Puglia e al Governo Italiano di prevedere azioni straordinarie per San Cataldo e per risarcire le famiglie i cui beni sono stati colpiti dalla furia del fuoco. Io stesso - che sabato mi recherò nella marina dove era già programmata una messa per la festa in onore del santo dal quale la marina prende il nome - di persona cercherò di fare del mio meglio per essere di conforto alle persone ancora spaventate per quanto accaduto”.
“Torno a ribadire quanto più volte sollecitato - conclude Seccia -: la povertà educativa, purtroppo, a volte genera ‘mostri’. Tocca agli educatori, ai genitori in primis, ma anche alla comunità cristiana, assumersi la responsabilità di formare bambini e ragazzi, (senza escludere i giovani), al rispetto e all’amore per la terra e per l’umanità. Principi imprescindibili per la costruzione di un futuro migliore di quello che noi adulti saremo capaci di lasciare loro in eredità”.