Dopo tutta la notte in pullman il tempo del ritorno è cominciato per i 130 ragazzi leccesi che hanno vissuto la Gmg di Lisbona e ieri hanno raggiunto San Sebastian al confine tra Spagna e Francia e ora sono in viaggio verso Genova.
Ieri sera i ragazzi hanno celebrato la messa nel seminario della città spagnola. A presiederla il direttore del Servizio diocesano di pastorale giovanile Lecce, don Alessandro Mele al quale, alla fine della giornata, la penultima di questo grande pellegrinaggio, gli è stato chiesto un resoconto speciale e particolare su questo viaggio e sui sentimenti che ha ossevato nei ragazzi che ha guidato a Lisbona.
Don Alessandro, puoi fare un primo bilancio dell’esperienza della Gmg di Lisbona?
Siamo quasi al termine di questo grande viaggio. Abbiamo camminato insieme, abbiamo gioito insieme, abbiamo sofferto insieme, ma senza mai dimenticare ciò che ci ha tenuto e ci tiene uniti. Il Signore sapeva come sa sempre ciò di cui avevamo bisogno, ci è stato affianco come è stato affianco a questi quasi due milioni di giovani che hanno dato testimonianza di una Chiesa in cammino, di questa Chiesa che è giovane, di questa Chiesa che è così generosa, di questa Chiesa che ha ancora tanto da insegnarci, composta da così tante persone che amano e vogliono seguire Gesù senza paura, senza avere timore, come ha detto più volte in questi giorni Papa Francesco: non dobbiamo avere paura!
Cosa ha notato nei nostri ragazzi leccesi?
Sono giovani sicuramente cambiati, che si sono lasciati cambiare da ciò che hanno visto, che hanno vissuto, che hanno scoperto insieme. Si sono fatti carico delle sofferenze degli altri e condiviso le gioie perché il Signore ha saputo darci ciò che ci tiene uniti con la voglia adesso di tornare a casa e ricominciare un nuovo cammino.
Cosa rimane delle parole e della testimonianza di Papa Francesco?
Scherzando abbiamo un po’ pensato a cosa il Papa ha detto in questi giorni, come se avesse ripetuto un po’ sempre la stessa cosa: non dobbiamo avere paura, non abbiate timore! Ma è proprio quello che Gesù ci dice continuamente e ce lo ha ripetuto proprio nel Vangelo che abbiamo ascoltato oggi (ieri per chi legge, ndr) a messa. E il Papa ce lo ha ripetuto perché sa che la paura fa parte del nostro cuore, della nostra vita e del nostro cammino. Anche gli apostoli ebbero paura quando videro Gesù camminare sulle acque; anche il popolo d’Israele ebbe paura prima di partire verso la Terra promessa.
È stato un cammino lungo e faticoso…
In questi giorni ho pensato alle tante difficoltà che hanno avuto questi nostri ragazzi e ragazze, tante, che ci hanno portato a soffrire, stancarci fino anche a innervosirci tante volte, ma non tanto per il sole, il caldo, la tanta strada fatta a piedi, le poche ore di sonno… la difficoltà più grande è stata la paura. La paura di non farcela, la paura di non sapere cosa gli aspettasse in questo viaggio, la paura di un viaggio così lungo e lontano da casa. È la paura quella che spesso blocca e ci ferma. Ma questi ragazzi sono andati oltre, hanno fatto sacrifici immensi per essere stati qui. Hanno rinunciato a due settimane della loro estate a mare con gli amici, hanno rinunciato a una parte dei loro risparmi per poter partecipare magari rinunciando a un altro viaggio, c’è chi ha rinunciato a festeggiare il proprio compleanno festeggiandolo qui in cammino con noi, due di loro hanno rinunciato a festeggiare il diciottesimo compleanno e sono stati qui con noi. Hanno rinunciato alla comodità della loro casa, alla comodità dei loro genitori e della loro famiglia, si sono allontanati da loro verso un qualcosa che non sapevano e non conoscevano a pieno. Ecco il coraggio dei giovani. Ecco il coraggio che ha incitato in loro il papa. Ecco il coraggio della Chiesa vera che loro rappresentano nella speranza. Potevano fare come gli israeliti che pensavano di stare meglio nella schiavitù, di stare meglio in Egitto senza assaporare la bellezza della libertà. Invece loro ci hanno creduto, hanno assaporato la bellezza di una Chiesa che crede in loro. Loro credono nella Chiesa e la Chiesa crede in loro. Il Signore crede in loro.
Un esempio anche per noi adulti, a volte incapaci di scelte coraggiose…
Il Papa ha fatto capire loro questo, che se nella vita c’è qualcosa ci fa piangere non è una cosa brutta, vuol dire che viviamo di emozioni vere. Di lacrime ne ho viste tante nei nostri ragazzi in questi giorni, ma è prevalso il coraggio, è prevalsa la voglia di condividere insieme quelle lacrime e farle diventare preghiera e forza. Infondo è questa la Gmg. Io ne ho vissute davvero tante ma credo che forse il gruppo di quest’anno è stato quello più speciale, più unito, specchio di una Chiesa unita, non senza paura, ma con grande grandissimo coraggio. Hanno capito che quando hanno paura Gesù è lì, affianco a loro, a tenergli la mano.