In questo giorno astronomicamente il sole raggiunge la massima distanza dall’equatore celeste nell’emisfero boreale e il fenomeno prende il nome di solstizio d’estate; da questo giorno il sole comincia a decrescere per poi rinascere in un sole nuovo, col solstizio invernale, definito il “sole invitto”, con allusione a Cristo. A Lecce, al santo precursore è intitolata la basilica meglio conosciuta come chiesa del Rosario, nei pressi di Porta Rudiae.
Questo declino del sole sull’orizzonte, sia pure in maniera impercettibile, è stato immaginato come un colpo mortale e identificato col Battista “decollato” o “Giovanni che piange”, opposto a San Giovanni Evangelista, ricordato sul calendario liturgico il 27 dicembre e detto “Giovanni che ride”, perché pronto ad apparire all’orizzonte.
Un tempo il 24 giugno era ritenuto un giorno di capodanno, carico di magia e foriero di presagi che avrebbero interessato la natura, gli uomini e, specialmente, le donne. Nelle campagne si accendevano falò e si svolgevano processioni illuminate da torce accese; il fuoco serviva a scacciare demoni e streghe e anche a prevenire le malattie, fugare il male e preservare dal malocchio; tra tutte si distinguevano l’artemisia, l’iperico, la verbena e il ribes, la camomilla e la salvia. Si credeva che nella notte di San Giovanni, in cui le streghe andavano in giro per fare malefici, chi portasse addosso un ciuffo d’”erba di San Giovanni” per antonomasia, l’iperico (Ipericum perforatum), non incappava in alcun danno.
In alcuni luoghi, il giorno di San Giovanni i contadini, di buon mattino, uscivano a raccogliere erbe odorifere che bruciavano ai crocevia e nei campi per allontanare con i loro fumi le folgori, i tuoni e le tempeste.
La notte di san Giovanni si raccoglieva la gran parte delle erbe medicamentose, chiamate “erbe di San Giovanni” perché, secondo un’antica credenza, la rugiada che si forma in questa notte prodigiosa e dalle straordinarie proprietà benefiche, si trasmetterebbe alle piante; alcune di esse si ritenevano miracolose per scottature e tagli e si mettevano sott’olio.
Si riteneva, per esempio, che i fichi d’India che maturano verso la fine di agosto nascano la notte di San Giovanni e che il fiore della felce (assolutamente inesistente come pure il seme) sboccia la notte di San Giovanni; per vederlo bisognerebbe prima annientare il demonio e dispiegare sotto la pianta la tovaglia usata il giorno di Pasqua, perché il fiore, ritenuto sacro, non debba toccare la terra impura e non si dissolva.
Ancora. L’aglio si raccoglieva rigorosamente il giorno di San Giovanni perché contenente una eccezionale funzione preservatrice così come si dovrebbero raccogliere le noci: secondo la ricetta classica del nocino, il frutto deve essere raccolto da mani femminili la notte del 24 giugno, senza intaccare la buccia, si devono lasciarle alla rugiada per l’intera notte e in infusione nell’alcol coperte di zucchero per almeno quattro mesi.
Per approfondimenti: R. Barletta, Quale santo invocare?, Edizioni Grifo, 2013