Anche la Fondazione Casa della Carità, accanto a Save the Children, partecipa attivamente all’ultima fatica del regista leccese Alessandro Valenti, storico amico e responsabile del settore cultura, tra l’altro, della Fondazione medesima.
Lo ha fatto attraverso la condivisione del messaggio che il regista Valenti ha lanciato attraverso il suo film Oltre il confine, di cui è regista, come detto, ma anche produttore.
Postasi accanto a Save the Children, la Casa della Carità si è occupata in primis della gestione dei percorsi di inclusione sociale di alcuni dei piccoli attori del film, oltre che dei pasti della troupe, durante le riprese nelle splendide terre del Salento.
Valenti, da sempre impegnato nelle tematiche dell’immigrazione mediante la partecipazione a congressi ed iniziative di ogni genere, rappresenta un modello fattivo (e inusuale al giorno d’oggi!) di interazione, avendo tra l’altro ospitato presso la sua personale abitazione, per periodi più o meno lunghi, diversi migranti, le cui storie hanno ispirato il regista nella stesura della sceneggiatura di Oltre il confine.
Ed è infatti da una di queste storie, sapientemente rielaborata dal regista in chiave favolistica, che nasce l’idea del film. Non è il caso di anticipare (o “spoilerare”, per usare un termine attualmente molto in voga tra i giovani) nulla di una trama che si annuncia già molto intrigante; basti dire soltanto che la protagonista del film è una bambina migrante, di origine africana, dotata di poteri magici, tra gli altri, quello di immobilizzare, un po’ come le famose sirene di Ulisse, tutti coloro che vengano attinti al suono melodioso della sua voce.
Attraverso l’uso dei suoi poteri magici, la bambina riuscirà a salvare un altro suo coetaneo, rapito e costretto, da un losco figuro, a lavorare.
Incalzato dalla nostra informale “intervista” (la presentazione del film avrà luogo per la prima volta il prossimo martedì 10 dicembre alle 11,30 presso il Museo Provinciale Castromediano di Lecce) concessaci dal regista in via del tutto eccezionale, Valenti tiene a sottolineare che le scene del film siano state scritte insieme ai bambini ingaggiati dalla produzione, tutti migranti, tutti in qualche modo testimoni di storie realmente accadute, ma anche provetti sceneggiatori, essendosi misurati, insieme col regista, nell’intreccio della trama con una straripante dose di fantasia e immaginazione, o, se vogliamo, con l’ineguagliabile capacità di sognare dei bambini.
Il regista ha raccontato nel film il dramma dei migranti. È doveroso rammentare che l’Italia, da oltre vent’anni affronta il fenomeno delle migrazioni internazionali strettamente connesse alle gravi crisi umanitarie succedutesi nel tempo e che hanno fatto della nostra Penisola un Paese di arrivo di persone alla ricerca di protezione e asilo.
Noi italiani siamo stati testimoni di una umanità in fuga da guerre, conflitti, persecuzioni, crisi ambientali e mancato accesso alle risorse, un’umanità che ha trovato nei Paesi europei, ed in particolare in Italia, il luogo di primo approdo.
Dopo un primo consistente numero di sbarchi di migranti (albanesi e kosovari) nel corso degli anni novanta, con punte di 50mila nel 1999, tra il 2000 e il 2007 gli arrivi sulle coste italiane si sono presentati con un flusso costante riguardando, mediamente, 23.000 persone all’anno.
Nel 2011, a seguito degli eventi che hanno caratterizzato la cosiddetta Primavera araba e portato alla caduta dei regimi autocratici, il nostro Paese si è trovato ad affrontare un nuovo e consistente flusso di arrivi via mare. Sono state circa 63.000 le persone sbarcate, provenienti dai diversi Paesi africani. Nel solo anno del 2013, l’Italia vede l’arrivo di 43.000 migranti, metà dei quali provenienti dall’Eritrea e dalla Siria.
Nel periodo 2014-2017, ove si è aperta una nuova fase di flussi migratori verso l’Europa, l’Italia ha accolto sulle proprie coste oltre 600.000 migranti, ovvero più di quanti ne siano arrivati nei precedenti 20 anni.
È a questo imponente e incessante fenomeno migratorio che si legano le storie di Oltre il confine, raccontate in maniera del tutto originale, discostandosi per certi versi dalla retorica della narrazione comune e rinunciando ad un taglio documentaristico: Valenti disegna infatti, con il tocco leggero della sua penna di sceneggiatore, una dimensione favolistica che evoca, incanta e rapisce.
Una dimensione che potremmo definire “infantile”, in cui l’aggettivo usato non vuole togliere nulla all’impianto sorretto dai delicatissimi ed immaginifici meccanismi narrativi elaborati dal regista.
Questo in quanto, secondo l’autore, in un mondo in cui gli adulti si confrontano in estenuanti discussioni, beghe, battibecchi e desolanti diverbi, i bambini hanno già escogitato il sistema di venirne fuori, di salvarsi da soli! Nel film i bambini, proprio quelli nei quali riponiamo le speranze di questo strano mondo, insegnano che tutte le difficoltà sono superabili e che il dolore, anche quello inferto da uno stato di povertà estrema, si può sconfiggere con le armi della fantasia e del gioco!
Il film è sì l’opera della creatività di un artista che ci ha già incantato con altre sue precedenti (una su tutte, Babbo Natale, vincitore del premio MigrArti alla 73^ edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia), ma anche un interessante esperimento sociale, in quanto Valenti ha voluto fortemente che tutti i partecipanti, a vario titolo, al film, costumisti, cameraman, operatori di ripresa, tecnici in genere, ma anche professionisti come avvocati, commercialisti e tutti gli attori del film, fossero scelti tra coloro che vivono effettivamente nei luoghi in cui sono state girate le riprese (il film è girato in parte nel Salento, in parte in Africa).
Per tutte queste ragioni, per lo spirito incarnato dal film, per le motivazioni fortemente etiche che lo hanno ispirato, per i messaggi di solidarietà, di fraternità, di speranza che il film intende scagliare come dardi, al fine di squarciare la coltre nera che annebbia le coscienze, provocata invece dagli opposti messaggi di odio, espressi con cadenza quotidiana non da marginali e sconosciuti teorici di astruse dottrine, ma da veri e propri rappresentanti delle istituzioni, la Fondazione Casa della Carità di Lecce, credendo fortemente nelle capacità artistiche del regista, si è fatta orgogliosamente portatrice della proposta di collaborazione.