L’ultima Assemblea generale straordinaria della Conferenza episcopale italiana ha visto i presuli del Paese impegnati nella ultimazione dei lavori di approvazione della traduzione della terza edizione italiana del Messale romano, dopo un lungo percorso durato oltre sedici anni.
Ad essi, infatti, compete, come stabilito dalla normativa vigente espressa nel Motu proprio Magnum principium, la responsabilità di preparare e approvare le traduzioni dei libri liturgici, sottoponendole in seguito alla confirmatio della Sede Apostolica e non più alla sua recognitio. Tale responsabilità della Conferenza episcopale italiana scaturisce dalla consapevolezza che i testi liturgici, per essere pienamente vissuti, devono essere adattati alla comprensione del popolo, con uno stile espressivo fedele ai testi originali, ma capace anche di comunicare l’annuncio di salvezza in ogni contesto linguistico e culturale.
L’opera di trasposizione linguistica dal latino nelle lingue nazionali è finalizzata ad una maggiore comprensione del linguaggio liturgico, quale premessa per una attiva partecipazione al mistero celebrato nell’actio liturgica. L’actuosa participatio alla liturgia ha un suo evidente presupposto nella possibilità dei fedeli di comprendere e fare proprio il linguaggio della celebrazione, tanto sul piano verbale quanto su quello non verbale, così come bene espresso dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium, quando afferma che “la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, mediante una comprensione piena dei riti e delle preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, pienamente e attivamente” (n. 48).
I libri liturgici, in quanto strumenti destinati a mediare una realtà divina e umana, la celebrazione, per essere valorizzati con competenza e rispetto, richiedono di essere studiati e conosciuti e tra di essi, il Messale, liber princeps del ministero sacerdotale,acquista una importanza precipua perché non solo contiene tutto ciò che riguarda la retta celebrazione eucaristica, ma evidenzia pure il suo valore per la vita della Chiesa.
La celebrazione eucaristica è momento culminante dell’iniziazione cristiana, ma è pure fonte della vita e della missione della Chiesa (cf. Sacrosanctum Concilium, 10; Presbyterorum ordinis, 5). Del resto, insegna il Concilio che “non è possibile che si formi una comunità cristiana se non assumendo come radice e come cardine la celebrazione della sacra eucaristia, dalla quale deve quindi prendere le mosse qualsiasi educazione tendente a formare lo spirito di comunità” (Presbyterorum ordinis, 6). Il Messale, dunque, come tutti i libri liturgici, oltre all’aspetto puramente funzionale, possiede pure una dimensione pedagogica che aiuta a conoscere e comprendere il valore di ciò che si celebra e a vivere quanto celebrato.
Il Messale è sì il liber mensae altaris, ma anche il liber mensae scriptorii, uno strumento cioè che educa ogni cristiano, e in modo particolare coloro che sono chiamati a svolgere il ruolo di presidenti nelle celebrazioni liturgiche e quindi di mediatori tra l’altare e la navata, tra il libro e l’assemblea, ad una piena e profonda “intelligenza” della liturgia perché risulti significativa ed efficace per il vissuto dei credenti.
Nella sua duplice configurazione di liber celebrationis e di liber investigationis, il Messale costituisce il locus di accesso al contenuto di fede celebrato nella liturgia e alle notevoli potenzialità di ordine rituale e testuale in esso racchiuse, al fine di giungere ad una fedele sintesi tra ortodossia e ortoprassi e ad incrementare lo sviluppo dei dinamismi di crescita e maturità spirituali dell’esistenza cristiana.
Pertanto, contro una distorta e non poche volte fuorviante prassi che indulge ad improvvisare la celebrazione eucaristica, l’approccio al Messale, come del resto ad ogni libro liturgico, costituisce un passo obbligato per l’acquisizione dell’ars celebrandi e per il raggiungimento dell’actuosa participatio, rese possibili da una assidua comprensione della dinamica celebrativa e da una sapiente valorizzazione del patrimonio eucologico in esso contenuti.
Urge, dunque, nel contesto del rinnovamento della comunità ecclesiale nel solco della riforma liturgica, in attesa di poter accogliere la nuova traduzione italiana del Messale, una permanente e graduale appropriazione personale e comunitaria di ciò che si dice e di ciò che si fa nella celebrazione eucaristica, attraverso una conoscenza “intelligente” del Messale, ovvero mediante una interiorizzazione in profondità del suo contenuto non in funzione di un impegno puramente intellettuale, ideologico, ritualistico, rubricistico, ma al fine di rendere la celebrazione liturgica pienamente consapevole, pastoralmente efficace e spiritualmente fruttuosa.