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Di ritorno da Lisbona, dove ha incontrato un milione e mezzo di giovani, riuniti per la Giornata mondiale della gioventù, Papa Francesco ha risposto alle domande dei giornalisti e ha posto l’accento sulla questione delle omelie “noiose e lunghe”.

 

 

 «Io quando parlo, cerco la comunicazione - ha detto il Papa nell’ intervista -. Anche nelle omelie accademiche faccio delle battute per controllare la comunicazione. Con i giovani, i discorsi erano lunghi e ho riassunto i punti essenziali del messaggio, l’idea fondamentale. Nella Evangelii Gaudium ho scritto un lungo capitolo sulla omelia. Le omelie a volte sono una tortura. La Chiesa deve convertirsi in questo aspetto della omelia, breve, chiara, con un messaggio chiaro e affettuoso».

Il Papa, dunque, invita a tenere omelie non lunghe, perché conosce bene le nuove generazioni. Viviamo nel consumismo che spinge a ragionare meno e ad emozionarsi di più. Gli operatori del marketing, come anche i pubblicitari, lo sanno bene: messaggi semplici e istantanei, insistenti, ma brevissimi, dosati con puntualità. Mirati per colpire la fantasia. Quasi fossero piccolissimi “quanti di energia” capace dell’effetto tunnel, cioè di attraversare ogni barriera (critica e razionale), per penetrare nel profondo, nell’inconscio stesso, e poi emergere e motivare scelte solo apparentemente libere. Il Siracide (32,8) ci ricorda «compendia il tuo discorso. Molte cose in poche parole».

 

 

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