“Le donne e gli uomini di buona volontà sono accanto a noi e spesso sono più sensibili di noi cattolici verso il tema dell’ambiente. Dobbiamo lavorare insieme”.
Così il presule pugliese mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici in Italia, commenta l’esortazione apostolica Laudate Deum (LEGGI IL TESTO INTEGRALE).
Eccellenza, la crisi climatica è “una malattia silenziosa che colpisce tutti noi”. Siamo giunti a una svolta?
Il Papa ha fatto un gesto inedito rispetto ai suoi predecessori e al suo stesso magistero. Scrivere un’esortazione apostolica sullo stesso argomento di un’enciclica a otto anni di distanza esprime una grande preoccupazione per quello che egli definisce un mondo che “si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura”. Dimostra una coscienza critica che ci deve inquietare. Non per essere pessimisti, ma per crescere nella responsabilità. È un invito a tutti a crescere nella responsabilità davanti a qualcosa che può essere ineluttabile.
L’esortazione è a tratti un testo tecnico, con numeri e considerazioni scientifiche. Questo richiamo al dato oggettivo richiama l’urgenza avvertita dal Santo Padre su una condizione che riguarda l’intera umanità?
Soltanto l’enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII e Populorum Progressio di Paolo VI sono così stringenti su alcune tematiche, soprattutto la seconda con il riferimento a tanti dati tecnici sullo sviluppo. La stessa attenzione è presente in Laudate Deum, perché il Papa dà spazio al cosiddetto momento del vedere, cui segue il giudicare e l’agire. Purtroppo, le tante opinioni negazioniste inficiano la formazione di un giudizio obiettivo. Si continua a dire che questi passaggi d’epoca sono stati sempre presenti nella storia, ma il Papa ribadisce che non è mai accaduto a così breve distanza. E non si può gettare la croce del surriscaldamento del pianeta all’aumento della popolazione, soprattutto nel sud del mondo: il consumo delle risorse avviene nei Paesi più ricchi.
Non ci si può sottrarre all’evidenza dei fatti.
Francesco ci mette davanti ad alcuni dati inoppugnabili e a letture distorte, che sono mosse da visioni ideologiche e utilizzate da chi non vuole questo cambiamento, perché evidentemente ha dei costi in termini di una visione tecnocratica che dovrebbe arretrare per far sì che il pianeta non arrivi al punto di rottura.
“Non ogni aumento di potere è un progresso per l’umanità”, avverte Francesco. Che richiama l’immagine del “pungiglione etico” per arrestare la corsa sfrenata guidata da tecnologia e ragioni economiche.
Il pungiglione etico è anche un pungiglione di carattere politico ed economico. Mi richiama ad un passaggio del documento preparatorio delle Settimane Sociali, nel quale si invita a non avere paura del potere, perché il potere può essere utilizzato in modo irresponsabile, subordinandolo a visioni economiche nelle quali prevale il marketing e la falsa informazione. Invece noi vogliamo riappropriarci di un potere che sia quello di poter-essere, poter-fare, poter-cambiare. Il potere va usato con responsabilità e con una visione molto chiara.
Il multilateralismo è davvero “una strada inevitabile”?
Dobbiamo orientare il potere a un uso buono che è - come ricorda Francesco - quello che prevede gli accordi multilaterali. Il multilateralismo distribuisce potere a tanti, permette a tutti di poter sedere a un tavolo nel quale si decide. Si consente anche alla società civile, come nell’accordo di Ottawa sulle mine anti-uomo, di partecipare. Il potere deve andare di pari passo con la democrazia, con gli accordi multilaterali, con il coinvolgimento secondo un principio di sussidiarietà della società civile. È il potere di cambiare.
Francesco denuncia la “debolezza della politica internazionale”, guidata dalle “mutevoli circostanze politiche o dagli interessi di pochi”.
Alcuni Paesi hanno forti interessi e bloccano i protocolli. Per questo il Papa invita ad accordi multilaterali in cui non ci sia soltanto il peso delle grandi potenze. Ma il problema riguarda anche il nostro Paese. Siamo usciti dalla Settimana Sociale di Taranto del 2021 con grandi progetti, soprattutto quello di sostenere la transizione ecologica con le comunità energetiche, con l’idea di un carbon free che vedesse coinvolte tutte le comunità parrocchiali che costituiscono la rete più ricca che innerva la vita del Paese. Ma siamo ancora in attesa dei decreti attuativi. Anche la nostra Italia deve fare passi da giganti e non comprendiamo perché dopo tante promesse questi accordi ancora non arrivino. Li aspettiamo con ansia e spero che l’esortazione di Papa Francesco solleciti i nostri parlamentari e le commissioni che sono state investite di questo compito ad agire subito.
Laudate Deum è anche una sfida per la Chiesa italiana?
Darà nuovo slancio al nostro agire. Viviamo in un momento storico segnato dal Sinodo della Chiesa universale e dal Cammino sinodale, certamente l’esortazione diventa un tema di carattere politico. La Chiesa italiana deve fare uno sforzo maggiore per recepire questo argomento. Cercheremo di metterlo anche di più in agenda nel percorso verso le Settimane Sociali, in un terreno già fecondo iniziato a Taranto. Mi piace l’incipit che ricorda la Pacem in Terris, l’invito rivolto “a tutte le persone di buona volontà”. La Chiesa è chiamata non solo a recepirla ma anche a diffonderla nella società civile, a farla diventare cultura. Le donne e gli uomini di buona volontà sono accanto a noi e spesso sono più sensibili di noi cattolici verso questi tema. Dobbiamo lavorare insieme.