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Per Papa Francesco, dopo i veloci cambiamenti epocali degli ultimi decenni, siamo in un ‘cambio d’epoca’. La fede, che non è più presupposto di vita, sembra aver lasciato lo spazio ad un vuoto inconsistente edonismo diffuso: così si è espresso il teologo don Matteo Fabbri nell’incontro giovedì scorso nel salone dell’episcopio in Piazza Duomo a Lecce, alla presenza dell’arcivescovo Michele Seccia, sul tema La proposta cristiana: la Chiesa nella storia e la sfida del tempo presente.

 

  

Dopo le tempeste e le battaglie del passato della Chiesa e del cristianesimo, oggi sembra esserci il sonno post- moderno.

A fronte della disgregazione della sociĕtas cristiana e di una intera generazione incredula e distante, è il momento di un cambio pastorale strutturale. Tra mummificazione e volatilizzazione, le piccole modifiche sono inefficaci, davanti ad un cristianesimo ormai di minoranza e spesso in difficoltà nel suo cammino evangelizzatrice.

Il problema è diffuso e riguarda anche altre confessioni religiose. Ma il cristiano come può affrontare le inedite sfide del presente?

Come diceva Ratzinger, la Chiesa non è la Parola, ma dove la Parola vive. Ecco che conservare la Parola nella sua identità è il punto di partenza di una pastorale missionaria calata nel mondo reale, in ascolto delle domande di senso di chiunque noi incontriamo.

Si tratta della Chiesa ‘in uscita’, “comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano” (Evangelii Gaudium, 24.)

In questo i laici, inseriti pienamente nel mondo secolare, hanno necessità di formarsi per poter intercettare le esigenze spirituali degli esseri umani e rispondere nel modo più adeguato, partendo da comportamenti di accoglienza e vicinanza in empatia.

La cultura contemporanea, individualista e fondata su veloci opinioni soggettive di tipo emozionale, ha perso ogni riferimento veritativo con una difficoltà primaria: gestire le relazioni.

A questo deve rispondere ogni cristiano, con una conversione pastorale che sappia riconoscere il proprio status e la propria vocazione di battezzato come apostolo e missionario. Ognuno deve essere messo in grado di formarsi ad un nuovo stile di approccio nella comunicazione della fede nei suoi princìpi indiscussi, ma ripartendo dai bisogni reali dei nostri contemporanei.

Sempre in Evangelii Gaudium Papa Francesco chiarisce come seminare il bene a piene mani, mettendo le persone di fronte a Cristo vivo, parlando di valori umani in modo attrattivo, esercitando la misericordia nei confronti della ‘persona’ che è sempre al primo posto, rivalutando la pastorale dell’amicizia e della carità.

Sfide appassionanti e contagiose, alle quali il Papa ci invita e per le quali ci stimola con l’amore della responsabilità filiale a Cristo.

 

 

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