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La Commissione teologica internazionale è approdata di recente in terra sudamericana per una settimana di studio della sottocommissione incaricata di approfondire il tema: Il primo Concilio Ecumenico di Nicea e l’attualità del suo dogma.

 

 

 

 

Nella suggestiva cornice di Rio de Janeiro, la “Cidade Maravilhosa”, la sottocommissione “Nicea” è stata accolta con paterna premura e con braços abertos dall'arcivescovo di Rio de Janeiro, il card. Orani João Tempesta, e dal suo ausiliare il vescovo Antonio Luiz Catelan Ferreira, membro della sottocommissione, per la sua sessione estiva, ospite della struttura diocesana “Sao Joao Paulo II”.

Ma è soprattutto sotto lo sguardo accogliente del Cristo Redentore, statua arroccata in cima al monte Corcovado a 709 metri sul livello del mare, che il gruppo di teologi provenienti da diverse parti del mondo - Stati Uniti, Brasile, Messico, Italia, Francia, Libano - sotto la saggia guida del segretario generale, mons. Piero Coda, e il competente coordinamento del prof. Philippe Vallin, hanno proseguito nel delicato compito redazionale del documento che vedrà la luce all'inizio dell’anno 2025, in occasione del 1700.mo anniversario dell’apertura del Concilio di Nicea.

Non poche sono le iniziative predisposte, già a partire da questo anno, per commemorare tale anniversario nel contesto sia accademico sia pastorale-ecclesiale con una varietà di prospettive che contribuisce a considerare l’evento conciliare sotto il profilo storico-patristico, teologico-dottrinale, disciplinare-canonico ed ecumenico-pastorale.

Il Concilio di Nicea è stato il primo concilio cosiddetto “ecumenico, un evento teologico e nello stesso tempo ecclesiale, nel corso del quale fu risolta, in maniera sinodale, la violenta disputa ariana intorno alla confessione cristologica e fu definita la questione pastorale-disciplinare della data di Pasqua. Esso ci ha lasciato in eredità il Simbolo, nel quale la fede trinitaria e cristologica della Chiesa trova la sua piena identità, e soprattutto ci ha fatto gustare la bellezza della salvezza offerta in Cristo Gesù, Figlio di Dio e Salvatore dell’umanità.

Il documento della Commissione teologica internazionale si inserisce in questo filone di approfondimento dell’evento conciliare, con lo scopo di effettuare una lettura “dossologica” del Simbolo, per metterne in luce le risorse soteriologiche e quindi cristologiche, trinitarie e antropologiche. Si tratta in realtà di riscoprire Cristo, “Luce da Luce” e luce del mondo, in tutta la sua forza di attrazione.

Sotto il profilo patristico il testo guarderà alla vita liturgica e alla vita di preghiera per scorgere come questi ambiti siano stati fecondati nella Chiesa dopo il Concilio e come possono esserlo ancora oggi.

Inoltre, il documento si arricchisce pure di un particolare sguardo all’“evento” che Nicea ha rappresentato per la storia del pensiero e per la storia delle strutture di governo della Chiesa, insieme ad una visione generale del quadro di “teologia fondamentale” delineato da ciò che il primo Concilio ecumenico ha manifestato della missione costante della Chiesa a servizio della credibilità della sua fede. In tal senso, si manifesta così la fecondità della Rivelazione cristiana per rinnovare il pensiero e le forme di vita comune dell’essere umano.

Il documento riprende ed approfondisce l’invito di Papa Francesco, espresso nel suo discorso alla Plenaria della commissione teologica internazionale dello scorso anno, a riscoprire l’attualità dell’evento conciliare di Nicea e la bellezza del contenuto della fede trinitaria e cristologica della Chiesa, ripercorrendo quei tre motivi da lui indicati che rendono promettente ed efficace tale riscoperta.

Anzitutto un motivo spirituale, ribadito a partire dalla professione di fede in Cristo, “Dio da Dio, luce da luce”. Il Papa ha esortato i teologi a testimoniare con la propria vita quella “luce sorgiva ed eterna”, che non è solo “la luce di una conoscenza impensabile, ma è luce che rischiara l’esistenza”, impegnandosi ad irradiarla con una vita luminosa e gioiosa, «diffondendo bagliori nuovi e sorprendenti della luce eterna di Cristo nella casa della Chiesa e nel buio del mondo».

Un secondo motivo è quello sinodale, dal momento che a Nicea la Chiesa ha potuto riflettere sulla natura della propria fede e della sua missione ed ha trattato le questioni dibattute con metodo sinodale. In tale orizzonte, spiega il Papa, la sinodalità costituisce l’occasione propizia «per tradurre in atteggiamenti di comunione e in processi di partecipazione la dinamica trinitaria con cui Dio, per mezzo di Cristo e nel soffio dello Spirito Santo, viene incontro all’umanità». Compito dei teologi, dunque, è quello «di sprigionare la ricchezza di questa meravigliosa “energia umanizzante”». 

Altro motivo è quello ecumenico, richiamando la rilevanza dell’evento conciliare nel contesto del cammino verso l’unità dei cristiani. A tal proposito il Papa, ricordando che il Simbolo di Nicea non solo accomuna i discepoli di Cristo, ma nel 2025 la data della Pasqua coinciderà per tutte le denominazioni cristiane, auspica che tale occasione possa segnare «l’avvio concreto di una celebrazione sempre comune della Pasqua».

Il documento della Commissione teologica, muovendosi sul versante della comprensione di quanto sia efficace questo Concilio per la vita della Chiesa nel XXI secolo, chiamata a confrontarsi con antiche e nuove sfide sia a livello universale sia locale, privilegia la prospettiva dell’attualità del dogma niceno, cogliendo l’esigenza dell’uomo moderno di ridire la propria fede nell’interno di un contesto culturale che sollecita la riscoperta del rapporto tra fede e vita.

Nel suo solenne discorso di apertura del Concilio Vaticano II, San Giovanni XXIII così si esprimeva: «È necessario che questa dottrina certa e immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo. Altra cosa è infatti il deposito della fede, vale a dire le verità che sono contenute nella nostra dottrina, altra cosa è la forma con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata. Bisognerà attribuire grande importanza a questa forma e, se sarà necessario, bisognerà insistere con pazienza nella sua elaborazione: e si dovrà ricorrere ad un modo di presentare le cose, che più corrisponda al magistero, il cui carattere è preminentemente pastorale.»

L’occasione della commemorazione del Concilio di Nicea, e in modo particolare il Simbolo da esso scaturito, riveste un ruolo fondamentale per la custodia e la trasmissione della fede, rimettendo al centro della evangelizzazione l’approfondimento del kerigma trinitario, quale esperienza vitale dell’incontro con il Signore crocifisso e risorto, Figlio di Dio e Salvatore, nella luce dello Spirito.

La famosa statua monumentale del Cristo Redentore a Rio de Janeiro offre iconicamente una parabola della salvezza in Cristo che la Chiesa vuole celebrare nel 2025. Splendidamente arroccata sulla collina del Corcovado, essa, mentre attira migliaia di pellegrini, dischiude all’uomo moderno scorci sconfinati di bellezza, attraverso una visione impressionante dell’intera città raccolta e accolta nell’orizzonte incantevole delle braccia aperte del Cristo, la cui estensione sembra raggiungere ogni angolo della terra.

Ai piedi del monumento che tratteggia la sagoma inconfondibile della croce, l’uomo credente ha la possibilità di tuffarsi in quella visione spirituale e cristiana dell’esistenza che permette di vedere la storia, il mondo e l’umanità con gli occhi stessi del Redentore.

 

 

*Segretario Aggiunto Commissione teologica internazionale

 

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