La particolare importanza che la “solennità delle solennità” rivestiva nel cuore e nella mente dei cristiani è stata celebrata con un triduo che scandisce in maniera unitaria il triplice contenuto di tale mistero: passione, morte e risurrezione.
Sorgente di tutte le altre celebrazioni
Ed ancora: a questo alveo sorgivo della fede cristiana i fedeli, nel corso della storia, hanno voluto far precedere un periodo di preparazione, la “Quaresima” e far seguire un tempo prolungato di gioia, il “Tempo pasquale”. Significativa ed eloquente è la riflessione del Papa Paolo VI quando afferma: «se v’è liturgia, che dovrebbe trovarci tutti compresi, attenti, solleciti e uniti per una partecipazione quanto mai degna, pia e amorosa, questa è quella della grande settimana. Per una ragione chiara e profonda: il mistero pasquale, che trova nella Settimana Santa la sua più alta e commossa celebrazione, non è semplicemente un momento dell’anno liturgico; esso è la sorgente di tutte le altre celebrazioni dell’anno liturgico stesso, perché tutte si riferiscono al mistero della nostra redenzione, cioè al mistero pasquale» («Discorso del mercoledì», in Encicliche e Discorsi, Edizioni Paoline, Roma 1966, vol. IX, p. 368). Pertanto, se il centro della fede cristiana è l’evento della passione, morte e risurrezione del Cristo, il fulcro dell’anno liturgico della Chiesa non può non essere il mistero di Cristo celebrato nella grande settimana, chiamata “santa”. Da esso derivano e ad esso convergono tutte le altre celebrazioni lungo il corso dell’anno, così come da esso promana la forza santificante e santificatrice di tutti i sacramenti e dei sacramentali.
Unità del Triduo pasquale
L’evento pasquale celebrato nei tre giorni del triduo costituisce una unità solida in quanto celebrazione del mistero della salvezza che Dio ha voluto attuare nel mondo attraverso il suo Figlio Gesù, attraverso la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione. Dall’unità di visione del mistero pasquale dipende e deriva anche il senso unitario della celebrazione del triduo pasquale che, sia pur dilatata nei tre giorni santi, è sempre celebrazione unitaria, ovvero celebrazione sacramentale della Pasqua del Signore. I tre giorni, infatti, hanno come denominatore comune l’evento pasquale, per cui la Chiesa celebra il venerdì santo la Pasqua di passione, il sabato santo la Pasqua di sepoltura e la domenica la Pasqua di risurrezione. Sono gli stessi Padri della Chiesa a trasmetterci tale convinzione: si pensi ad esempio ad Origene quando parla del venerdì come ricordo della passione, del sabato come ricordo della discesa agli inferi e della domenica come ricordo della risurrezione; anche Agostino parla del sacratissimo triduo della crocifissione, della sepoltura e della risurrezione; nella stessa linea si pone il pensiero di Ambrogio quando dice che nel triduo sacro il Cristo ha sofferto, si è riposato ed è risuscitato. Ogni giorno del Triduo, dunque, richiama l’altro e si apre sull’altro come l’idea della risurrezione suppone quella della morte. Nucleo gravitazionale dei tre giorni è la veglia pasquale con la celebrazione eucaristica. Infatti, è a partire dall’Eucaristia della veglia che si capisce il Triduo. Dall’unità del mistero pasquale dipende il senso mistico della celebrazione del triduo pasquale. Quali sono, dunque, i giorni del triduo pasquale? Se vanno dal giovedì alla domenica sono quattro, se escludiamo la domenica che senso avrebbe il triduo? Riprendendo quanto affermava Agostino il triduo è costituito dal venerdì, sabato e domenica. Ma il giovedì? Dalla storia sappiamo che il giovedì non faceva parte del triduo, ma era il giorno conclusivo della quaresima, diventato importante per essere il giorno della riconciliazione dei penitenti, della consacrazione del crisma e della memoria dell’istituzione dell’Eucaristia.