“La logica che sottende il testo è che il diverso ha senso se rappresenta un'alterità all'interno della normalità. La diversità si giustifica se non diventa adeguatezza, ma recupero della fragilità, del limite”.
Il testo in questione è “.ERGO – diario di un laboratorio creativo”, opera della Comunità della Casa di Lecce edita da Milella, presentato nei giorni scorsi presso il Monastero delle Benedettine di Lecce. Una rilettura ermeneutica affidata allo sguardo e al pensiero di Carlo Alberto Augieri, docente di Critica letteraria e Letterature comparate presso l’Università del Salento.
Il libro racconta, attraverso una sequenza di brevi articoli, le riflessioni, gli incontri, la vita quotidiana, scaturiti nei 9 anni di vita del progetto Laboratorio Div.ergo, un’esperienza di inserimento sociale e sviluppo relazionale e culturale che coinvolge 16 giovani con disabilità intellettiva, nel cuore di Lecce.
A presentarla al pubblico in sala, la Fondatrice della Comunità della Casa e Presidente della Fondazione Div.ergo-onlus, Maria Teresa Pati. Al tavolo dei relatori Eupremio Luigi Greco, Presidente dell’Associazione di volontariato C.A.Sa. e Alessandro Capone, ricercatore del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento, moderatore dell’incontro.
In quella che il prof. Augieri ha definito una "passeggiata responsabile" nel libro, un addentrarsi minuzioso e appassionato nel testo, è stata sottolineata la valenza universalizzante della fragilità, descritta, interpretata nelle oltre 200 pagine di .ERGO, come condizione che di fatto rende gli uomini stupendamente uguali, della stessa condizione: per questo “il Laboratorio è una scuola di futuro, utopia in fieri della diversità come uguaglianza e non come fattore di superiorità e subalternità tra uomini”.
Div.ergo – liberamente sciolto dal docente leccese nell’espressione "Div(ersus) ergo sum" – presenta la diversità come elemento fondamentale della singolarità e dell'alterità.
L’opera della Comunità della Casa all’interno del progetto Div.ergo è espressione di una nuova koinonia, – secondo le parole di suor Luciana Mele, della Comunità monastica delle Benedettine, – in cui anche il “non so”, vale a dire della capacità di fermarsi di fronte al mistero dell’altro, senza saturarne la ricerca con smanie operative, diviene fattore di una nuova relazionalità.