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Due mani che si tendono l’una verso l’altra, quasi sfiorandosi: quella più minuta è di Federica, l’altra di Papa Francesco.

Trait-d’union tra loro è una “Croce della diversità”, una delle realizzazioni degli artisti del Laboratorio Div.ergo di Lecce. Tutti quanti lì presenti nell’Aula Paolo VI, insieme ai volontari che ne curano la crescita, a incontrare il Santo Padre e a consegnargli un dono, un mercoledì di febbraio, il 20, nel corso dell’Udienza generale.

“La diversità è una croce. Qualcuno la porta per scelta. Altri la subiscono. Alcuni se la trovano sulle spalle dalla nascita.Molti, se non tutti, sono impegnati in una quotidiana lotta contro di essa.

Uno se l’è caricata addosso e l’ha portata per il bene di tanti”-

Questo è il testo che spiega il senso del dono: al Papa hanno offerto un oggetto realizzato con scarti di lavorazione. Perché ciò che ha spinto questo gruppo di 25 persone, ormai avvezzo a viaggiare insieme per l’Italia e l’Europa, a partire da Lecce, destinazione Roma, è il profondo desiderio di incontro con un uomo straordinario, alfiere di una Chiesa attenta agli ultimi, come lascia intuire il suo motto (miserando atque eligendo), che dalla Cattedra di San Pietro parla dell’eterno cammino di ricerca di amore, proprio di ogni uomo e di ogni donna.

La preparazione fin dal primo mattino, una breve coda ai controlli di sicurezza, lo spaesamento iniziale di fronte ad una aula che trabocca di luce, di persone, di canti. Inaspettatamente sono in terza fila, lato destro: la visuale è magnifica e l’attesa che “tutto” accada unisce ciascuno dei presenti. Alle 10 l’ingresso del Papa in sala è accolto da un improvviso fremito di voci, che focalizza sul Pontefice sguardi e fotocamere. La sua catechesi sul “Padre nostro”, tradotta in 7 lingue diverse, è il primo tesoro che ricevono; il secondo è la sua richiesta di pregare per lui; il terzo - inatteso - è la possibilità di poterlo incontrare di persona al termine del momento comunitario.

Uno ad uno lo salutano; la sua mano posta sul capo, alcune preghiere particolari sussurrategli e lui che si china per ascoltarle meglio e sorride, annuisce; l’estrema dolcezza dei suoi modi: una persona improvvisamente vicina, anche fisicamente, che porge la mano e si presenta. Questi i ricordi più vividi degli artisti di Div.ergo. Senza fretta, incrocia gli sguardi, fissa il volto, in quegli istanti comunica a ciascuno la propria attenzione e riceve la meraviglia di cui sono intrisi i nostri occhi.

Toccare personalmente Papa Francesco è fare esperienza sensibile che l’amore passa dalle mani. Poco prima, citando il profeta Isaia, aveva affermato: «“Sulle palme delle mie mani ti ho disegnato”. Ho fatto un tatuaggio di te sulle mie mani. Io sono nelle mani di Dio, così, e non posso toglierlo. L’amore di Dio è come l’amore di una madre, che mai si può dimenticare. E se una madre si dimentica? “Io non mi dimenticherò”, dice. Questo è l’amore perfetto di Dio, così siamo amati da Lui».

Il gesto scambiato, le parole ascoltate, lo sguardo fisso sono i canali che realizzano la prossimità, l’amore fraterno che accoglie le diversità come tesoro prezioso e non come barriera. Tutto ciò l’hanno visto e ricevuto da un Papa che è passato tra le file di sedie per porgere loro la sua mano.

 

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