A due anni dalla sua morte, molti ricordano, in questi giorni, la straordinaria figura di Francesco De Matteis, un medico leccese tanto riservato e parco quanto valoroso nella solidarietà sociale e nel servizio alla persona del malato.
Per coloro che lo hanno conosciuto, per quanti lo sperimentarono come chirurgo nel piccolo ospedale di San Cesario e per i pazienti che lo incontravano nel suo ambulatorio di Lecce, il dott. De Matteis rivive nella memoria e - nel ricordo - crescono oggi gli apprezzamenti e la stima per un uomo sempre pronto ad ascoltare, a capire, a comprendere, ad offrire un sorriso e la sua indiscussa competenza con un atteggiamento accogliente che apriva ogni cuore alla speranza.
Da giovane aveva studiato, a Lecce, nel prestigioso Collegio Argento, in quell’edificio che oggi ospita il Museo Castromediano, dove aveva ricevuto una robusta formazione culturale ed umana. A 26 anni si era laureato a Bari. Aveva conseguito la specializzazione in urologia e, successivamente, aveva approfondito le sue competenze frequentando diversi centri di ricerca, ottenendo a Torino, nel 1971, la specializzazione in chirurgia.
Sempre generoso ed attento, sapeva donare con grande riserbo. Francesco De Matteis ha aiutato la crescita della comunità locale; ha visto nascere la parrocchia di Santa Lucia in Lecce e ne ha sostenuto e seguito, con discrezione, i primi passi.
Era semplice nel tratto, deciso nelle scelte, prontissimo nell’assunzione delle responsabilità e perspicace nella percezione delle situazioni più complesse.
Ancora oggi si coglie attorno alla sua figura un indiscusso alone di rispetto, di gratitudine, di leale considerazione.
A suo modo, il dott. De Matteis può essere presentato come simbolo di una quotidianità prestigiosa ed eroica, eccezionale testimone della semplicità, maestro di una eticità che prende forza dalla coerenza, dalla imperturbabile fedeltà ai valori e all’identità personale. Interpretò la professione come missione da vivere con gioia e con passione, accompagnandola sempre allo studio, all’aggiornamento continuo, all’esercizio premuroso, in un contesto di instancabile laboriosità.
Lungo la sua vita, Francesco De Matteis si trovò ad interpretare momenti di grande rilievo, come l’accertamento della guarigione miracolosa di Suor Basilide Urbano, ed anche il quel caso volle gestire il suo ruolo in umiltà e spirito di servizio. Era allora arcivescovo di Lecce, mons. Cosmo Francesco Ruppi, cui erano pervenute le testimonianze della inspiegabile guarigione di una suora che diceva d’essere stata aiutata dal Beato Filippo Smaldone. L’arcivescovo volle agire con prudenza e, dopo aver preso atto di quanto gli veniva segnalato dal Tribunale ecclesiastico, dopo aver letto le relazioni di due medici incaricati ex officio di esaminare il caso, ritenne utile approfondire l’indagine e per questo volle sentire il Dott. De Matteis, ab inspectione. Francesco De Matteis esaminò tutta la documentazione, visitò la suora e stilò un suo referto che fu molto apprezzato da altri periti, sia in sede locale che presso la Consulta medica della Congregazione per le Cause dei Santi, per cui fu poi confermato, ufficialmente, che “la guarigione era stata rapida, completa, duratura e scientificamente inspiegabile quoad modum”, aprendo così la strada per la canonizzazione di Filippo Smaldone, il Santo apostolo dei sordi e fondatore delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori.
Dopo la grande celebrazione in Piazza San Pietro, suor Basilide tornò al suo lavoro di educatrice, e il dott. De Matteis all’esercizio della sua professione.
Gli umili e i grandi non amano i riflettori e preferiscono, al vociare delle piazze, le parole del cuore e i richiami della coscienza che poi trasferiscono nei gesti e nelle opere di quotidiana generosità.
A chi dopo di loro ne raccoglie la memoria, spetta il compito di trasmetterla ai giovani perché la loro vita e il loro insegnamento possano sollecitare e guidare quanti oggi non sanno più distinguere l’effimero dall’impronta indelebile della perennità.