Quante volte capita di ripetere, tra sé e sé, un motivo, una frase che ci ha particolarmente colpito? Non è un caso!
Il semplice ricordare quel motivetto, talora un po' accattivante e ricorsivo, secondo lo stile di tanta musica popolare, un territorio di frontiera tra una filastrocca e una canzone, o un pensiero che ripetutamente riaffiora alla mente, sono un momento di gaia spensieratezza, e di libertà irrefrenabile, come rondini che festeggiano l'inizio della primavera.
Anche se volessimo respingere dalla mente quel gorgoglio di note e parole, non c'è alcun verso di bloccarle.
Sono come un ruscello di montagna, che porta giù a valle un torrente, che per gravità è inarrestabile, acquistando sempre più velocità.
A me capita sovente, non con una frequenza periodica, un alternarsi di pensieri che mi seguono da anni. Sono frasi, strofe di canzoni. Ogni ricordo è un marcatore del tempo, che fissa un momento, un episodio inalienabile della nostra vita, che spesso ci suggeriscono qualcosa su chi siamo, in realtà.
Ultimamente mi ritorna sovente alla mente un trafiletto della lettera ai Romani di San Paolo: “Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”.
Questa è la traduzione del testo Cei. Se consideriamo la traduzione del testo greco, anche se non proprio letterale, quel versetto lo dovremmo leggere così: “Egli fa concorrere tutto al bene di coloro che lo amano”.
Egli! Dio!
Non “Tutto concorre al bene…” ma “Dio fa concorrere al bene…”
È una frase che mi accompagna da anni. Quanti momenti particolari della mia vita ho affidato a Dio!
Tante volte presi dalle difficoltà quotidiane, ci affanniamo, ci aggrappiamo a specchi lisci scivolando per terra, con il morale sotto i piedi. Vorremmo risolvere tutti i problemi con un semplice colpo di spugna, ma tutto rimane in una fase di stallo.
Mille pensieri aggrovigliano la mente, ma non troviamo alcuna soluzione, sembra che qualcuno abbia spento il nostro cervello.
Non basta chiedersi un semplice perché, nessuna eco di risposta arriva.
Mi è capitato tante volte, anche quando mi è stata diagnosticata la malattia. Puntualmente affido tutto a Dio, anche se il buio mi circonda. In un colloquio intimo e personale Gli dico: “Non è un problema mio, anche se non capisco, affido tutto a Te, non mi hai mai deluso, ho piena fiducia in Te.”
Ancora una volta, arriva, al momento giusto, la risposta inaspettata.
Allora, e solo allora, come per incanto, il buio si dissolve, tutto acquista un senso, impensabile fino a un momento prima.
È un cambiamento di scena, è come se guardassimo un bellissimo arazzo, del quale fino a quel momento avevamo osservato dalla parte di sotto. Un intreccio di nodi che alla nostra vista non ha alcun senso, come il turbinio di pensieri che affollano la mente.
La malattia ha acquistato un senso, fino ad allora avvolta dal dubbio dell'incertezza per il futuro.
Una voce mi ha sussurrato: “Dio fa concorrere al bene anche quello che stai vivendo. Questa malattia non è per te. Sei solo uno strumento nelle mani di Dio.”
Allora ho capito. La Sla è solo l'inizio del mio codice fiscale, la sigla del mio cognome, ma non il mio nome.
Io sono Francesco, e i nostri nomi sono scritti nei cieli.