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Tra la fine di marzo e la metà di aprile dell’anno 1848, scoppiò ad Arnesano, un morbo maligno, un’epidemia mortale, definita peste tifoitea o tifo petecchiale, che causò molti decessi, in un paese che allora contava appena 1450 abitanti, oggi oltre 4000.

 

 

L’arciprete di quel tempo, don Luigi Briganti, andava da una casa all’altra, portando il sacro viatico ai moribondi, ormai stremato. Per tal motivo, all’alba dell’8 maggio 1848, tornato in chiesa dopo aver portato l’ennesimo viatico, deposta l’eucarestia nel tabernacolo, alzò lo sguardo a Gesù Crocifisso e disse: “Oh Signore, in te solo è la salvezza e la speranza! Oh Signore, salva il tuo paese e il tuo popolo!”.

A quell’orario insolito, fece suonare a festa le campane, che ormai da giorni suonavano a morto e allora coloro che non erano ammalti, accorsero immediatamente in chiesa per capire cosa fosse successo. Don Luigi espresse la volontà di scendere il SS. Crocifisso dal suo altare, dove tutt’ora è custodito, e di portarlo in giro per le vie del paese, chiedendo la guarigione e la liberazione da questo morbo mortale.

Il popolo, in lacrime, accolse questa volontà e tutti i sacerdoti del paese, presero sulle spalle il Crocifisso e lo portarono, come l’Arca santa, per le vie di Arnesano, accompagnati da uno stuolo di fedeli. Passando beneficava e sanava tutti e da quella processione, iniziarono a diminuire i decessi. Molti parenti degli appestati, accorsero portando delle lenzuola con le quali avvolsero Gesù e le riportarono a casa per coprire gli infermi, soprattutto i più lontani che abitavano nelle campagne. Tale rito delle lenzuola di lino si celebra tutt’ora. Il miracolo era avvenuto! Si tornò in chiesa madre, inneggiando e salmodiando, ringraziando l’amato Crocifisso per aver compiuto il miracolo. Da allora quell’altare è divenuto meta di pellegrinaggi per chiedere grazie o per ringraziare per miracoli avvenuti. Dopo dieci anni, nel 1858, il prefetto di Lecce riconobbe e autorizzò il patronato di Gesù Crocifisso, che si festeggia la prima domenica di luglio, periodo in cui le morti cessarono definitivamente.

Il momento clou di tutto l’anno della vita del popolo di Arnesano, dove si torna tutti in patria, è proprio la “Discesa della croce”, solitamente presieduta dall’arcivescovo, che vede grandi e piccoli, bambini ed anziani, lanciarsi sull’amato Signore, cantando a squarciagola e in lacrime, il glorioso e tradizionale inno composto da Padre Giovanni della Passione, successivamente musicato per banda ed organo.

Se la situazione del Coronavirus dovesse peggiorare e toccare la nostra terra, probabilmente si dovrà ricorrere a tale rito straordinario, innanzitutto per chiedere il dono della fede, che è ciò che in primis salvò i nostri antenati.

 

 

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