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Nel vocabolario dialettale il cavallo, è caddhru mentre la cavalla è sciumenta; il termine cavalla, meglio se accompagnato dall’aggettivo dimostrativo dhra, con tono dispregiativo si rivolge ad una donna dal fare impetuoso, dai modi tutt’altro che femminei.

 

 

Condividendo la quotidiana esistenza con l’uomo, il cavallo si trova in molte espressioni popolari. Ricordiamo le principali:

Face pagghia pe’ centu cavaddhri, produce paglia per cento cavalli, si appropria a persona che è così attiva e fattiva che idealmente può sfamare una quantità enorme di cavalli; mentre ulìa pagghia pe’ centu cavaddhri, voleva paglia per cento cavalli, allude ad individuo che perde ogni controllo e nessuno riesce a calmarlo.

Ci se strija lu sou cavallu nu’ e’ chiamatu muzzu de stalla, chi striglia il suo cavallo non può essere chiamato mozzo di stalla, ossia chi provvede ai suoi bisogni da sé non sarà mai servo.

A nu bonu cavaddhru nu li manca sella, a na bona sciumenta nu li manca brija, un buon cavallo non manca di una sella, una buona giumenta non manca di una briglia.

Quando una persona si sa presentare sia con giusti modi sia con un abbigliamento adeguato, riceverà apprezzamenti, stima ed attenzioni, come accade al cavallo dotato di una sella per essere cavalcato o ad una giumenta una guida che la inciti a lavorare.

Femmane, cavaddhri e servitori rruvinanu li signori, donne, cavalli e servitori rovinano i signori; sono tre opportunità di spese costanti e smisurate che possono prosciugare, giorno dopo giorno, cospicui patrimoni nobiliari.

Per approfondire:

  1. Barletta, Cane nu mangia cane. Bestiario popolare salentino, Edizioni Grifo, 2013.

                                                                 

 

 

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