Nella società rurale salentina del passato, costretta ad un’agricoltura finalizzata all’autosostentamento, il maiale rivestiva un’importanza rilevante, diventava una fonte di sostentamento essenziale da custodire: dalla sua macellazione si ricavavano prodotti che avrebbero garantito la sopravvivenza alimentare per tutta la famiglia e per un lungo periodo. A tutt’oggi ha una resa straordinaria che non ha paragoni con altri animali.
Non a caso si dice: ci hae nu figghiu e’ pacciu, ci hae nu puercu e’ rassu, chi ha un solo fìglio diventa pazzo, chi ha un maiale diventa grasso; ci se face la varva sta bonu nu giurnu, ci face pane sta bonu na samana, ci pija mujere sta bonu nu mese e ci ccide nu porcu sta bonu n’annu, chi si fa la barba sta bene un giorno, chi fa il pane sta bene una settimana, chi prende moglie sta bene un mese e chi uccide un maiale sta bene un anno.
La saggezza spicciola che suggeriva di allevare il maiale è rispecchiata in modi di dire popolari in cui esso è il termine di paragone. Riportiamo i più conosciuti:
Mercante e porcu stimalu quandu ete vivu nu quandu ete muertu, commerciante e maiale valutalo quando è vivo e non quando è morto.
Allu porcu e’ inutile ca li minti a cravatta, al maiale è inutile che gli metti la cravatta; tare pittule alli puerci, dare frittelle ai maiali; li candellini a mmucca allu puercu, i confetti in bocca al maiale; ci face bene a porci perde le nghiande ovvero fanne bene a porci e vì’ cci ‘ndai, chi fa bene a maiali perde le ghiande ovvero fai bene a maiali e vedrai che ne hai; sono espressioni che sintetizzano quanto sia vano beneficiare l’ingrato.
Pe ula de carne se mina an culu allu puercu, per un pezzettino di carne si getta al deretano del maiale.
Na fimmena, nu porcu e na papara paranu na chiazza, una donna, un maiale ed un’oca addobbano una piazza, ossia riempiono di suoni e di voci uno spazio pubblico, talvolta grossolanamente.
Galantomu cu ll’unghia spaccata, galantuomo con l’unghia spaccata, è espressione offensiva rivolta ad individuo più simile al maiale.
Lu sciaroccu ete scuiatu e porcu, lo scirocco è ernioso e maiale, figurativamente significa che è un vento che ti fa sentire sporco.
Per approfondire:
R. Barletta, Cane nu mangia cane. Bestiario popolare salentino, Edizioni Grifo, 2013.