Una Madre che perde un Figlio e di notte; prima che giunga la festa lo accompagna straziata dal dolore nel suo ultimo viaggio.
Si dice che non ci sia dolore più grande di quello che porta nel cuore una madre che sopravvive al proprio figlio. E questa pena lacerante ha sempre caratterizzato i riti della settimana Santa. Le terre Borboniche di Spagna e del Sud d’Italia hanno coltivato una tradizione dolorosa, funerea, schiacciata dal peso del peccato e lo rappresentato in tutte le sue manifestazioni pubbliche e private, non solo nella liturgia ma anche nella vita quotidiana. Dalle spade nel cuore dell’Addolorata, agli strumenti del martirio di Gesù, dalle ultime parole del crocefisso ai volti di coloro che hanno fatto corona al Nazareno lungo la via della croce, dalle preghiere ai canti, tutto si innestava nella mentalità del fedele orante nella Settimana Santa e del cittadino nel vita dell’anno. Erano i tempi in cui liturgicamente pesava molto la Via Crucis e non poteva esistere una Via Lucis.
Di queste tradizioni è rimasto poco. Un flagellante incappucciato, alla contesa tra le confraternite, il Malladrone e il Cireneo soccorritore, il passo corto a boomerang, il peso della croce e la contesa delle statue di cui si fa lotteria, per usare le parole di De Andrè. Questa è la Settimana Santa anche del Salento.
Quest’anno anche Lecce sarà orfana anche della processione del Cristo morto e della Desolata. Fortunatamente ci ha pensato Arturo Caprioli (CLICCA QUI) con la sua arte a farcela rivivere in questo Venerdì Santo più triste che mai, accompagnandoci tra i vicoli di un centro storico che quasi non ricordiamo. Ammirando i volti conosciuti di fedeli devoti, mai assenti a quella liturgia di lutto, al suono delle marce funebri.
Arturo Caprioli con i suoi scatti ci porta a rivivere quello che non si vedrà, ma che è stato: una Madre dolorante, un Figlio morto e i volti di tanti fedeli composti a rivivere un sofferenza senza fine e senza tempo. Sullo sfondo una Lecce che oggi è vuota, muta, come solitaria e silente era la Madre che accompagna quel Figlio. Una Madre, un figlio e una città: Lecce. E’ questo che di vede nelle immagini: una Madre Addolorata, nonostante fosse preparata alla tragedia. Gli era stato profetizzato: La luce di una spada ti trafiggerà l’anima. Quella luce che Caprioli non mette, giustamente. I momenti fissati sono naturali. La luce è quella dell’ora blu subito dopo il tramonto, le ombre sono quelle del trapasso del giorno… si ammanta di nero… come le parole del canto che la musica di sottofondo. E’ una canzone della tradizione cantata dalle prefiche, le donne piangenti; un canto di dolore che viene da Copertino: Gesù morì, Gesù morì… di nero si ammantò il cielo.