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Fa male. Ricordare la piaga che si è abbattuta sull’umanità un anno fa. Fa male constatare con tanta forza l’impreparazione che ha fatto sentire impotenza davanti al flagello che si diffondeva sulla Terra.

 

 

Fa male sottolineare che un anno fa si sospendeva la vita, relegandola a mera esistenza allo stato vegetativo: il 9 marzo l’allora presidente del Consiglio di ministri, Giuseppe Conte, decretava la restrizione delle nostre libertà (evito il vocabolo inglese).

«Sto per firmare un provvedimento che possiamo sintetizzare con l’espressione “Io resto a casa”. Ci sarà l’Italia come zona protetta. Non c’è ragione per cui proseguano le manifestazioni sportive, abbiamo adottato un intervento anche su questo» annunciò in videoconferenza il capo del Governo. Fa male ricordarlo e ripercorrere il seguito.

Ma come la funzione catartica della rappresentazione di una tragedia, beneficio di aristotelica memoria, così forse gioverà il filmato (GUARDALO) girato da Arturo Caprioli, sequenze “Lecce 2020. I giorni del silenzio”, e pubblicate da Portalecce.

La desolazione di Piazza Sant’Oronzo, le deserte strade del centro storico del capoluogo salentino solitamente brulicanti di gente, lampioni inutilmente accesi nella consueta eleganza cittadina. E i viali, il rione San Pio, Piazza Santa Maria delle Grazie, la villa comunale intitolata a Garibaldi, luoghi che sono apparsi morenti anche alla luce del sole. Come una scenografia, in attesa di attori. Già, perché Lecce è bella. Come sottolinea la canzone che si ascolta nel video, dalla voce di Tito Schipa. «Lecce gentile e beddhra».

Il film di Caprioli, se non rincuora evidenziando che quel periodo di restrizione è passato, certamente è un tenero omaggio alla nostra città.

 

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