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Trent’anni: nell’immaginario collettivo trent’anni sono tanti perché corrispondono ad una intera generazione che ha attraversato un lungo lasso di tempo ma, nel calendario della profezia, sono pochi anzi: praticamente niente o quasi.  Esattamente come si può considerare una goccia nell’oceano.

 

 

 

Già: perché pensare che don Tonino Bello sia morto trent’anni addietro non significa ricordare un evento accaduto lontano e smarrito nell’oblìo e di cui, a stenti, si rispolverano frammenti di immagini bensì, significa riaprire il libro della vita di un uomo innamorato di Dio che ha saputo, con la poesia di un artista e con il coraggio del profeta, scrivere pagine incancellabili nella spiritualità della Chiesa italiana negli ultimi anni.

Tutti quelli della mia generazione che hanno avuto il dono di incontrare don Tonino lungo i sentieri della propria vita e lo hanno ri-conosciuto come ispirato da Dio, sono stati profondamente influenzati dalla sua presenza che ha scandito le scelte personali e vocazionali di ciascuno orientandole verso un chiaro e forte stile di vita evangelico. D’altra parte, era impossibile rimanere indifferenti dinanzi alla sua straordinaria personalità e dinanzi ai suoi scritti: ascoltarlo o leggerlo comportava una scelta di fondo tra il vivere la fede in modo autentico o viverla superficialmente.

Chi, come me, sin da subito ha percepito la potenza dirompente e inarrestabile del suo messaggio, come un testimone, è chiamato a raccontare le meraviglie con cui Dio, trent’anni fa, ha voluto anticipare i tempi e profetizzare una Chiesa che il vescovo di Molfetta definiva - in modo audace - del “grembiule” o, semplicemente parlando della pace, non come una tregua armata ma come “difesa popolare non violenta” o “convivialità delle differenze”.

D’altra parte, chi ricorda la messa del funerale di don Tonino celebrata da Mariano Magrassi, allora arcivescovo di Bari, sul porto di Molfetta e alla presenza di oltre 50.000 persone, può ancora ricordare la percezione che si respirava in quel tiepido pomeriggio di primavera: quella messa non era l’addio a don Tonino, tutt’altro: era la nascita di un messaggio che avrebbe segnato per sempre e in modo profetico la vita della Chiesa nel nuovo millennio, ovvero la Chiesa di don Tonino, la Chiesa di Papa Francesco… la Chiesa di Gesù Cristo.

 

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