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Le nostre cronache giornalistiche affrontano, con grande frequenza, il fenomeno dell’immigrazione verso il continente europeo, ma anche verso il nord America. In generale, dunque, attraverso un percorso a senso unico, dal sud al nord del mondo.

 

 

E nel nostro immaginario di uomini del terzo millennio, sempre più legati all’attualità e sempre più caratterizzati dalla memoria corta e fallace, riteniamo che il fenomeno migratorio sia di data recente, tanto che ci sfugge anche l’imponente emigrazione dei nostri compatrioti nell’800 e nel ‘900, verso gli Stati Uniti, l’America Latina e il Nord Europa.

In verità, una recente scoperta testimonia che, cinquanta mila anni fa, l’Europa centro settentrionale era percorsa da cacciatori africani, giunti qualche millennio prima dal loro continente.

Abbiamo testimonianze di popolazioni, di probabile origine africana, che si modificarono evolutivamente fino a giungere ai Neanderthal e si incrociarono con altre popolazioni già presenti sul territorio europeo.

Questo vuol dire che fin da allora il continente europeo è una destinazione di arrivo.

Sulla base dei fossili e di altri dati disponibili, sembra possibile affermare che in Africa orientale si trovasse il centro dei passaggi dell’evoluzione umana e che in Europa, accanto ai Neanderthal, ci fossero altre popolazioni, come testimoniano le differenti forme dei crani rinvenuti.

Resta il fatto che anche la strozzatura genetica, che ha rischiato di portare all’estinzione i nostri antenati, in realtà ha dimostrato che si sarebbe incontrata una specie con un’altra, già presente in Africa e in Eurasia, dando origine all’homo sapiens, nostro progenitore.

Ora, senza ripercorrere tutta la storia delle migrazioni, ci soffermiamo su quanto è avvenuto nel “continente nuovo”: l’Australia.

Nel 1616 l’Australia ospitò il primo piede europeo sul suo suolo, ma solo nel 1770 James Cook sbarcò presso l’attuale Botany Bay.

L’immigrazione verso l’Australia era cominciata circa 51.000 anni fa, quando gli aborigeni erano giunti sul continente attraverso le isole dell’arcipelago malese e della Nuova Guinea.

Nel 1788 iniziò la colonizzazione degli europei e, ancora nel 1945, dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale in Europa, più di 7 milioni di Europei approdarono sul continente, incoraggiati dal Regno Unito e dagli accordi con l’organizzazione internazionale dei rifugiati.

Nei secoli più recenti, vi è stata anche una migrazione molto intensa di cinesi, che lasciarono il loro paese sovrappopolato per dirigersi verso altri paesi asiatici e verso l’America: non a caso negli Usa e in Canada esistono estese Chinatown.

Dopo la seconda guerra mondiale, per tutta la seconda metà del XX° secolo, nuove migrazioni si sono verificate in tutto il mondo, anche a causa dei cambiamenti nei confini nazionali e la creazione di nuove nazioni.

La guerra civile in Angola, tra il 1975 e il 2002, ha originato 4 milioni di sfollati; nel 1994 il genocidio avvenuto in Ruanda ha provocato 800.000 profughi; dopo il colpo di stato in Cile, nel 1973, 150.000 abitanti lasciarono quel paese.

Le dimensioni del fenomeno migratorio nell’epoca contemporanea sono impressionanti.

E, tuttavia, dobbiamo convincerci che il fenomeno non è nuovo o tipico solo del nostro tempo: il processo sarà inarrestabile e dobbiamo imparare a conviverci, perché è connaturato alla vita dell’umanità.

 

 

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