Era lo scorso 30 gennaio quando, in una fresca ma luminosa mattinata invernale, la statua di Sant’Oronzo scendeva dal capitello della sua colonna per trasferirsi nell’androne di Palazzo Carafa, opportunamente adattato in un vero cantiere di restauro (LEGGI ARTICOLO).
Si trattò di un momento storico ed i leccesi non solo poterono ammirare da vicino la bellezza del monumentale simulacro ma anche rendersi purtroppo conto del profondo degrado in cui esso versava. In effetti, le condizioni generali del bene artistico apparvero fin da subito, anche ad occhi profani, alquanto critiche.
Il riscontro della cosa provocò l’apertura di un interessante dibattito sul futuro dell’opera. Voci autorevoli come quelle del prof. Alfredo Castellano (LEGGI ARTICOLO) illustrarono la necessità di musealizzare la statua, spianando così la via all’ipotesi della realizzazione di una copia conforme all’originale da porre sul pulvino della colonna romana.
Da parte nostra, abbiamo sempre sostenuto, su queste pagine, una linea di pensiero ben precisa. Quella secondo cui la ragionevole scelta della musealizzazione non debba trasformarsi in una sorta di pensionamento. La settecentesca statua del protettore rappresenta infatti un pezzo importante della storia del nostro popolo e del nostro territorio.
“Il giusto proposito di custodirla, per trasmetterla integra alle future generazioni di salentini - scrivevamo lo scorso 19 luglio - non deve diventare una consegna all’oblio o un metterla tra i ferri vecchi. È doveroso quindi preservare sì l’opera ma col fine di valorizzarla ancor di più. In tale ottica, la scelta di una sede idonea di collocazione assume un’importanza fondamentale” (LEGGI ARTICOLO).
A distanza di un anno dalla discesa della statua, il dibattito sul suo futuro rimane ancora apertissimo. Certi sono invece i progressi compiuti nella delicata ed impegnativa opera di restyling. Le cure della restauratrice Elisabetta Palmiero (LEGGI ARTICOLO) stanno dando frutto. Come comunicato dalla stessa dott.ssa Palmiero, tramite la pagina facebook ufficiale dedicata ai lavori, il restauro del volto è pressoché completo. Non manca allora l’emozione nel riflettere sul fatto che quello sguardo severo, quel viso maschio e barbuto, idealmente ispirato alle visioni dell’Aschinia, abbia vegliato dall’alto per secoli sulle vicende liete e tristi della nostra città.