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Ci sono delle storie che spingono oltre la commozione e che raggiungono vette che sfiorano la contemplazione del bene che vive nel cuore di ogni uomo, anche in quello all’apparenza malvagio e senza umanità.

 

 

 

Un po’ come la storia delle monetine della vedova che Gesù loda così “così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.

Chi è più povero di chi è privato della libertà? Della vita all’aria aperta? Dell’emozione di un abbraccio e di un bacio dato a chi si ama? Chi? Nessuno.

Ieri, nella Lecce più lontana, perché chiusa al mondo ma non alla storia, si è ripetuto di nuovo il fatto della vedova del vangelo. Che va oltre l’elemosina: perché un gesto di solidarietà che nasce in un istituto di pena non se l’aspetta proprio nessuno. “Lì c’è il peggio, cosa mai aspettarsi di buono?”.

Eppure, la solidarietà, condita dall’infinito desiderio di pace, nemmeno le sbarre di Borgo San Nicola, sono riuscite a fermarli. Chi l’avrebbe mai detto? E invece, proprio da lì, ieri è arrivata un’altra conferma. Schiacciante, sbalorditiva, quasi opprimente rispetto ai luoghi comuni da “bar dello sport”: la carità non ha limiti, né schemi, né confini. Perché centocinquanta detenuti si sono “tassati” acquistando prodotti di prima necessità, (pasta, biscotti, farina, caffè, zucchero, merendine, friselle, patatine e tante altre cose) da regalare ai profughi della guerra in Ucraina.

Un segno “alla vedova del vangelo”, incoraggiato e sostenuto dalla direttrice del carcere Teresa Susca dal cappellano Fra Vito Antonio Salinaro e dal volontario Lorenzo Ria.

Un Doblò pieno di provvidenza raccolta in alcuni plessi (C1 I piano C1 sezione terza C1 sezione quarta), consegnati alla Caritas diocesana e donati alla Centro di spiritualità “Cuore Immacolato di Maria” di Merine dove, don Luca Nestola e i suoi collaboratori attualmente accolgono una quindicina persone provenienti dall’Ucraina, perlopiù mamme e bambini.

Insomma, come il “vangelo delle monetine della vedova” ci porta alla scuola di una donna senza più difese e la fa maestra di vita, così gli amici e le amiche di Borgo San Nicola ci insegnano che Dio non ne fa mai una questione di quantità. Due spiccioli, un niente, che però è pieno di cuore. Una lezione da non dimenticare perché l’evidenza della quantità resta solo un’illusione.

È quasi inutile aggiungere che la gioia si era impossessata di tutti: bastava guardare i volti sia di coloro che hanno caricato il Doblò, sia di coloro che hanno ricevuto gratuitamente. Sono gesti questi che aiutano a vivere, che riabilitano, che fanno pensare, che sorprendono anche con violenza. Schiaffi in faccia che lasciano le cinque dita per qualche giorno. In un imprevedibile scambio di umanità tra chi sta dentro e chi sta fuori si inserisce la vita di ciascuno innervata di quella solidarietà che non è solo emotività ma condivisione dove ognuno fa quello che può e dona ciò che si sente di dare.

Per fortuna, oltre ai richiami quotidiani della guerra assistiamo anche a gesti solidali che sanno di accoglienza, di accompagnamento, dove la necessità degli altri va oltre se stessi, oltre le sbarre. Quelle di ferro di un carcere e quelle di acciaio del cuore incapace di amare. Sarà una Pasqua più bella se…

Tale iniziativa merita la gratitudine di tutti. Dimostra che esiste una vicinanza che non è solo a parole ma anche concreta e visibile. Suona come le due monetine della vedova: non arriva alle orecchie ma scava l’anima e le coscienze.

Sento di dire grazie e bravi per aver condiviso con noi questa bella esperienza, forse il gesto sarà apprezzato ancora di più da quel Signore della vita che fa sorgere il sole sempre su tutti quanti noi. Buona Pasqua a ciascuno.

 

 

 

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