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“L’utilizzo dell’intelligenza artificiale è inevitabile, andiamo verso una società che sarà sempre più integrata da sistemi di IA. Ma che idea di relazione sociale avremo? Quali saranno i concetti di libertà e di democrazia?”.

 

 

 

A pochi giorni dalla quinta edizione di “Dialoghi al pozzo” che quest’anno, il prossimo lunedì 27 maggio  alle 20, vedrà come ospite a Lecce, nel chiostro dell’antico seminario, Pier Cesare Rivoltella che dialogherà con Nicola Paparella (LEGGI), don Fabio Pasqualetti, decano della Facoltà di scienze della comunicazione sociale dell’Università pontificia salesiana e consultore del Dicastero per la comunicazione, riflette sul tema della 58ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana”.

 

Don Fabio, l’intelligenza artificiale sta modificando le basi della convivenza civile?

 

I cambiamenti sono in atto. Già con la prima ondata di IA, abbiamo sperimentato le contraddizioni dei social: produzione di fake news, polarizzazione, eco chamber, radicalizzazione del pensiero. La seconda generazione amplifica gli effetti. Pensiamo a ChatGPT e a come abbia hackerato il linguaggio umano: ci troviamo davanti a una macchina di calcolo che interagisce attraverso la lingua. Che conseguenze avrà sulle persone, in particolar modo su quelle più sprovvedute che già tendono ad empatizzare con gli oggetti? Il rischio è che diventi un oracolo.

 

 

Il Papa invita a partire dalla “sapienza del cuore” in un’epoca “ricca di tecnica e povera di umanità”…

 

La sapienza del cuore è la capacità di ricollocarci al posto giusto. Il vertiginoso progresso che abbiamo vissuto come umanità in campo tecnologico, non ha avuto una crescita parallela dal punto di vista umano. Se guardiamo un prato di fiori, quanta diversità vediamo? E quella diversità è la bellezza. Noi, invece, siamo ancora qui a parlare di razze, di nazioni, di confini. Non riusciamo a comprendere che facciamo parte di un immenso organismo che è il cosmo, di cui noi esseri umani siamo una componente. Dovremmo fare di tutto per collaborare e unirci per un mondo migliore, invece, siamo soltanto capaci di fare la guerra. La sapienza vede il dettaglio ma sa collocarlo nell’insieme, riconosce le contraddizioni ma apprezza le differenze. La sapienza non è esclusiva di qualche religione, è sapienza del cuore dove avviene l’incontro con Dio. E rende consapevoli dei limiti.

 

 

È necessaria una richiesta di trasparenza dei sistemi di IA?

 

Lo abbiamo già fatto con il cibo: chiediamo che sui prodotti siano indicati gli ingredienti e la provenienza. Allo stesso modo, dobbiamo pretendere che il cibo culturale sia trasparente. Dobbiamo sapere cosa mangiamo anche culturalmente.

 

 

Fake newsdeep fake, narrazioni false: sono le patologie dell’IA?

 

No, sono le patologie dell’utilizzo che ne facciamo. I social favoriscono tutto ciò che crea controversia, per coinvolgere l’attenzione delle persone. Poi c’è chi inquina volontariamente l’informazione. Da sempre il potere vuole controllare l’informazione. La disintermediazione è un mito da abbattere. Viene percepita come eccitante ed effervescente, ma lo è soltanto per i sistemi forti che possono scavalcare i mezzi di comunicazione e il giornalismo. Le persone, invece, navigano in un oceano caotico in cui non sanno orientarsi. E gli algoritmi, paradossalmente, offrono meno informazione di quella che sarebbe necessaria. Per questo abbiamo bisogno di una mediazione professionale e di un buon giornalismo, che aiuti le persone a capire cosa accade. Altro che disintermediare l’informazione.

 

 

Nel messaggio, Francesco chiede una regolamentazione etica con un “trattato internazionale vincolante”.

 

Non sarà facile né immediato, ma prima o poi si arriverà a una regolamentazione. Dobbiamo avere tutte le informazioni sul nutrimento culturale e spirituale dell’uomo. Non credo alle letture catastrofiste, ma dobbiamo fare i conti con la realtà: in questo momento, viviamo una terza guerra mondiale a pezzi che rischia di unificarsi. Il pericolo di fallire, di creare nuove caste, di aumentare la disuguaglianza o di inoltrarci in scenari distopici è concreto. Ma la storia dell’uomo è fatta di dolorose ripetizioni di dominio e sottomissione di un gruppo su un altro. Come cristiani e come Chiesa dobbiamo essere sentinelle, profeti e annunciatori. La nostra vocazione non è trasformarci in facili cassandre, ma spronare alla conversione del cuore

 

 

 

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