Desireè, Lucia, Roberta e Matteo sono i quattro giovani volontari che hanno accolto la proposta di Caritas diocesana di Lecce di partecipare al “campo-missione” nella città di Shenkoll in Albania.
Qui dal 31 luglio al 9 agosto, hanno svolto attività di assistenza con i detenuti del carcere psichiatrico, con gli ospiti della casa famiglia “Carlo Acutis” e con i ragazzi diversamente abili della parrocchia di Mammuras, intessendo rapporti di “miqësi”, ovvero amicizia e creando rapporti umani che cambiano le prospettive: “abbiamo deciso di partire per “un’esperienza che ha cambiato il nostro sguardo sulla vita e sull’altro”. «Sono le condizioni difficili - dicono - a rendere le cose straordinarie» è l'espressione che ha accompagnato la nostra esperienza di volontariato in Albania e che, pronunciata oggi, acquista un significato tutto nuovo”.
La prima tappa del viaggio è stata la casa famiglia “Carlo Acutis” di Shenkoll: “siamo stati accolti dai Padri Rogazionisti presso la struttura che ospita dei ragazzi ai quali è mancato un ambiente familiare sicuro e amorevole. È qui che abbiamo toccato con mano quanto la fede, la vicinanza e la cura dei padri, assieme alla preparazione e l’intraprendenza degli educatori, permettono ai piccoli ospiti della casa di poter sperare in un futuro migliore in cui gli errori del passato non hanno il diritto di parola”.
La calorosa accoglienza, la fervida spontaneità e la coinvolgente vitalità di ciascuno degli ospiti hanno rivelato quanto sia importante saper sorridere nelle avversità, manifestando quanto l’amore gratuito possa risanare ogni ferita: “condividere la loro quotidianità ci ha permesso di fare esperienza di un ambiente intessuto di rapporti autentici in cui ogni sguardo, gesto, parole e sorrisi, assumono un significato libero e liberante, rivelando la bellezza di cuori che sanno farsi amare per poi donarsi”.
L’esperienza in Albania è stata arricchita degli incontri quotidiani avvenuti nel carcere psichiatrico di Shenkoll, nel quale i quattro giovani hanno condiviso con i detenuti momenti di cura e vicinanza: “nonostante le alte mura del carcere e i silenzi carichi di tensione ci avessero subito fatto percepire con un po’ di timore il peso della situazione, divisi in due gruppi, uno all’interno che si occupava di pittura e giochi da tavolo e l’altro all’esterno che si occupava di balli e canti, siamo riusciti a strappare loro un sorriso e a fargli tornare la voglia di emozionarsi ancora”.
La partecipazione di ciascuno dei detenuti agli incontri ha portato alla condivisione delle proprie storie personali e ai racconti delle condizioni di vita all’interno del carcere albanese, manifestando un chiaro desiderio di essere riconosciute come persone, prima di essere etichettati per i loro errori.
L’esperienza di volontariato ha continuato a rivelarsi come dono anche attraverso gli incontri pomeridiani con un gruppo di disabili, presso una parrocchia di Mammuras, una località non lontana da Shenkoll: “con l’obiettivo di strappare un sorriso al gruppo, abbiamo organizzato numerose attività ludiche creando momenti di divertimento e spensieratezza per tutti, giungendo a riconoscere quanto le disabilità non siano un ostacolo nelle relazioni, se si sceglie di mettere al centro la persona”.
Nella frenesia quotidiana spesso ci si dimentica quanto sia preziosa la vita degli altri, quanto sia necessario mettersi in ascolto delle storie di ciascuno e quanto sia utile lasciare che queste ci interroghino: “è stato proprio il desiderio di farsi incontrare dallo sguardo dei fratelli più piccoli che ci ha spinto ad intraprendere un viaggio di volontariato in luoghi in cui la sofferenza sembra urlare più della speranza, per poi osservare quanto, proprio il buio, metta in risalto la luce di una fiamma fioca. Queste esperienze ci hanno insegnato ad andare oltre le apparenze, scorgendo l’inestimabile valore dell'umanità dietro i piccoli gesti di gentilezza. Partiti con diverse aspettative siamo poi ritornati accomunati da uno stesso desiderio: vivere la vita facendo della parola donarsi la chiave di volta”.
In tutte le tre esperienze, ogni gesto e abbraccio hanno dimostrato l'importanza di connettersi con gli altri, mettendo da parte se stessi per riconoscere in chi ci sta accanto un dono prezioso: “guarderemo questi giorni sempre con profonda gratitudine, poiché nel donarci ci siamo resi conto di quanto fossimo noi i primi bisognosi. Sono le condizioni difficili a rendere le cose straordinarie, poiché permettono di tirar fuori il meglio da ciascuno di noi: basta solo riconoscersi pienamente umani”.