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In preparazione al 1° giugno, giorno in cui la Chiesa di Lecce farà memoria dell’arcivescovo Cosmo F. Ruppi (GUARDA SOTTO) nel decimo anniversario della morte (29 maggio 2011), Portalecce pubblica le testimonianze di chi lo ha conosciuto al fine di ricordarne le parole e le azioni di “pastore secondo il cuore di Dio”.

 

 

 

Ringrazio la redazione di Portalecce che mi permette di offrire ancora una volta una mia piccola testimonianza in occasione del 10° anniversario della morte di mons. Ruppi.

La sera della pubblicazione della sua nomina ad arcivescovo di Lecce, mi chiamò per telefono perché voleva salutare l’equipe educativa e i seminaristi; rivelava così quella stessa sera la sua grande attenzione al seminario, promettendo subito una sede più funzionale.

Tutto il suo episcopato nella diocesi è stato caratterizzato dalla cura dei presbiteri e delle vocazioni: la costruzione del nuovo seminario, le lettere pastorali, i documenti, l’accompagnamento personale dei presbiteri e dei seminaristi di teologia, la cura della formazione permanente, le settimane di fraternità nei mesi estivi coi seminaristi e coi sacerdoti…, e poi il suo rapporto personale con ciascuno dei suoi preti. Tutto nasceva dal suo grande amore a Gesù Buon Pastore e dalla sua gioia di essere prete.

Come Gesù aveva manifestato il suo amore e aveva curato la relazione con gli Apostoli, così mons. Ruppi aveva ritenuto suo dovere prioritario l’amore e la sollecitudine particolare verso il presbiterio. Nutriva una carità sincera e indefettibile, si preoccupava di aiutare in tutti i modi i suoi sacerdoti, voleva che apprezzassero la sublime vocazione sacerdotale, che la vivessero con serenità, diffondendo intorno la gioia sacerdotale e svolgendo fedelmente i loro compiti: in questo indicava e incoraggiava lo zelo per la pastorale vocazionale.

La sua era una visione di fede, credeva nel lavoro apostolico dei sacerdoti, nell’importanza della unione di volontà e di intenti con il vescovo, conseguenza dell’unione con Gesù.

Mons. Ruppi si comportava con i suoi sacerdoti come un padre e un amico. Si ‘trasformava’, cioè sembrava un altro, quando poteva vivere coi preti giornate di vera fraternità, in un clima disteso di affetto e di fiducia. Si adoperava quando qualcuno era nel bisogno e subito interveniva con animo paterno e con sincera familiarità.

Nutriva e manifestava pubblicamente la sua stima verso i presbiteri, dimostrando fiducia e lodandoli in pubblico e, quando era necessario, correggendoli in privato; li difendeva da critiche infondate, che potevano danneggiare il ministero pastorale.

Conosceva personalmente ogni sacerdote, lo considerava suo sacrosanto dovere conoscerlo nel carattere, nelle attitudini e nelle aspirazioni, nel livello di vita spirituale, nello zelo… in tutto ciò che lo riguardava.  E questa conoscenza lo aiutava molto quando doveva affidare una parrocchia o un incarico pastorale.

Mentre scrivo affiorano nella mia mente tante altre considerazioni, ma non posso dilungarmi. Ringrazio solo il Signore per avermi concesso di vivere tanti anni del mio ministero accanto a lui, donando le mie giornate alle vocazioni e alla cura dei fratelli sacerdoti, e confesso che spesso mi capita di chiedermi come si sarebbe comportato mons. Ruppi al mio posto in molte circostanze.

Il Signore, Buon Pastore, gli dia la ricompensa riservata ai suoi servi fedeli.

*vescovo di Nardò-Gallipoli

 

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