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Con un’interessante tesi di storia locale dal titolo  “Nelle schiere di Nerone”? Storiografia e culto di San Vitale martire, Christi miles, Igor Trinchita ha concluso, nella sessione estiva, il percorso presso l’Issrm ‘don Tonino Bello’  di Lecce, conseguendo con lode la  laurea magistrale in Scienze Religiose, in indirizzo pastorale. Relatore don Adolfo Putignano.

Nell’estratto del lavoro di tesi, l’autore ci guiderà nella conoscenza di San Vitale martire, offrendo spunti di approfondimento a chi è appassionato di devozione popolare. Un modo per apprezzare e riportare alla memoria la tradizione religiosa del nostro territorio.

«La chiesa parrocchiale di Marittima, piccolo centro della diocesi di Otranto, è intitolata a san Vitale martire. Un culto che viene da lontano nel tempo e nello spazio. Nel tempo perché san Vitale è stato un soldato romano, vissuto e morto nei primi secoli dell’era cristiana; nello spazio, perché il santo nacque a Milano e fu martirizzato a Ravenna.

Un uomo, un cristiano, un santo dell’Italia del nord, singolarmente giunto a essere patrono di una remota e piccola comunità del sud. È difficile dire quando la comunità ha scelto come suo protettore il santo milanese; i documenti più antichi – non si può andare più indietro del sec. XVI a causa delle distruzioni perpetrate dai turchi – presenti nell’archivio parrocchiale danno l’idea di un culto già esistente, nato forse insieme alla comunità stessa. Un culto, quello di Marittima, che ha lasciato un’impronta nell’onomastica, nella toponomastica, e nell’arte pittorica e scultorea conservata in chiesa.

La singolarità inoltre è ancora di più accentuata dal fatto che, in Italia, le parrocchie intitolate a san Vitale sono diffuse soprattutto nel nord. Non si può non ricordare la famosa basilica ravennate, con i suoi preziosi mosaici, o l’antica basilica romana, uno dei più antichi titoli cardinalizi della Città eterna. La più meridionale, tra le chiese intitolate al santo è quella di Napoli, a Fuorigrotta. Forse è proprio l’influenza di Napoli e la persistenza del Salento nell’area bizantina ad aver fatto conoscere il santo militare, un santo armato scelto per difendere, con le sue armi, la comunità dai pericoli.

Ma la particolarità del santo soldato è ancora di più arricchita dai suoi legami con altri santi, tutti martiri: egli, che si svela cristiano sostenendo Ursicino ad affrontare il martirio, subendo poi egli stesso il martirio di essere sepolto in un pozzo e coperto di pietre, è marito di Valeria e padre dei santi Gervasio e Protasio, i cui corpi furono ritrovati da san Ambrogio nel 387, e che oggi riposano nella cripta della milanese basilica ambrosiana. Il santo vescovo di Milano racconta alla sorella Marcellina i particolari del prezioso ritrovamento, lasciando indefinito ogni altro particolare. Fu però una lettera successiva, attribuita ad Ambrogio, ma vergata tra il V e il VI secolo, a delineare tutti gli aspetti della vicenda.

La storia, recepita subito dai più antichi martirologi (che fissano la data di s. Vitale al 28 aprile), è stata tramandata, arricchita e sistemata nel quadro più ampio della “grande storia” da numerosi storici di area sia milanese, sia ravennate. A partire dal sec. XVI, tuttavia, l’affinamento del lavoro di eruditi e di archeologi ha permesso di affrontare criticamente i dati della tradizione, in un percorso che, partendo dal sec. XVI fino ai nostri giorni, è arrivato a negare l’autenticità non solo della lettera ambrosiana, ma anche della storia ivi contenuta.

Il risultato di questo lungo dibattito durato secoli è che oggi gli studiosi sono concordi nel ritenere il san Vitale di Ravenna un’originale geminazione del culto di un altro san Vitale, un martire bolognese il cui corpo fu ritrovato, insieme a quello di Agricola, nel 393 d.C. da s. Ambrogio.

Quando Ravenna, all’inizio del sec. V, divenne la capitale dell’impero romano occidentale, la città non poteva competere con la precedente capitale, Milano, e con Roma stessa. Non solo mancava di un’architettura imperiale, ma anche di grandi figure di santi, escluso sant’Apollinare. Per questo, hanno concluso gli studiosi, un gruppo di santi milanesi tra loro indipendenti, trasferiti insieme dalla famiglia imperiale da Milano a Ravenna, ha dato origine a un nuovo culto dove ogni figura è messa in un rapporto familiare-amicale con gli altri, con lo scopo di rendere Ravenna non solo arricchita anche sul piano religioso, ma in un certo senso origine della santità di figure milanesi.

Risultato pratico di tutto questo è stato che la chiesa di Ravenna ha spostato la memoria del santo cui è dedicata la basilica dal 28 aprile al 4 novembre, memoria di san Vitale bolognese, compagno di Agricola. La Congregazione per il Culto Divino è intervenuta e ha sottolineato tuttavia che l’antichità del culto (ab immemorabili) e le tracce artistiche e devozionali che ha lasciato non può essere cancellato con un colpo di spugna. Il culto di san Vitale, milanese di nascita, ravennate per martirio, deve essere mantenuto secondo quanto la tradizione ci ha dato.

È vero, si può affermare, che di lui non abbiamo tracce certe, ma è anche vero che non esistono delle prove contrarie. Le ricostruzioni agiografiche a favore o contro sono in ultima analisi entrambe verosimili e a favore della tradizione c’è la sua millenaria esistenza, un luogo di culto e una data stabilita da sempre.

Ma a rendere interessante la figura di san Vitale è il fatto che esso ha ancora qualcosa da dire ai cristiani di oggi: in un periodo, come quello inaugurato dal Concilio Vaticano II, la figura di un laico, padre di famiglia, evangelizzatore del suo ambiente, è una figura che può essere pienamente rivalutata».

 

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