Non soddisfa le attese di chi da anni contrasta il gioco d’azzardo e le sue conseguenze sulla vita delle persone il testo definitivo della manovra 2019. Come mons. Alberto D’Urso, presidente della Consulta nazionale antiusura, che denuncia: “L’azzardo è il contributo che la povera gente versa allo Stato: questo la dice lunga sulla mancanza di regole morali presenti nello stile economico e amministrativo dello Stato.
O l’azzardo è un male o non lo è”.C’è “un’ambiguità di fondo”, ma “è certo che lo Stato, invece di affrontare il problema dell’azzardo in quanto tale, usa il problema, come diceva Cavour, per continuare a far pagare le tasse ai poveri, sorridendo. Che differenza c’è tra le agenzie di scommesse che incassano e lo Stato che incassa grazie a persone disperate, alcune; malate, altre; inesperte, altre ancora come i bambini; o emarginate, come gli anziani?”, si chiede D’Urso.
Disposizione soppressa
Sicuramente fa pensare che dal testo definitivo sia stata soppressa una disposizione che prevedeva che la riforma complessiva in materia di giochi pubblici definisse criteri omogenei su tutto il territorio nazionale in ordine alla distribuzione e agli orari degli esercizi che offrono gioco pubblico. “È una delle tante contraddizioni presenti nel Governo che non riesce a conciliare due anime che la pensano diversamente sui problemi, come nel caso dell’azzardo – osserva il sacerdote -. I compromessi politici non permettono di scegliere a favore delle persone, delle famiglie, delle imprese, dell’economia, della salute della gente e, al contrario, ancora una volta si mette il silenziatore sul problema.
Ci sono interessi di parte e non servizio politico”.
Solo “contentini”
I commi 569 e 571 dell’articolo 1, “Misure di prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo”, prevedono che dal 1° luglio 2019 l’Agenzia delle dogane e dei monopoli metta a disposizione degli enti locali gli orari relativi agli apparecchi da gioco il cui funzionamento sia subordinato al collegamento a un sistema di elaborazione della rete.“Passano i Governi – commenta mons. D’Urso – ma i problemi non si prendono mai di petto: non sono questi passi decisivi verso l’eliminazione dell’azzardo, ma dei contentini e noi del mondo del volontariato che da anni combattiamo contro l’azzardo ci sentiamo ‘offesi’ perché vediamo le infinite difficoltà in cui si dibattono le persone e mostriamo la gravità del problema anche grazie a indicazioni di carattere economico e medico offerte da specialisti, ma queste sono eluse con un ‘sorriso politico’”.
Totocalcio addio
I commi da 634 a 639 dispongono la riforma dei concorsi pronostici sportivi, che prevede, tra l’altro, nuovi criteri di ripartizione della posta in gioco e la chiusura definitiva di precedenti giochi similari, come il Totocalcio. Secondo la relazione illustrativa, l’aumento del montepremi, tra il 74 e il 76%, è rivolto ad attrarre un numero maggiore di giocatori verso una tipologia di gioco che presenta l’assenza di rischi legati al fenomeno d’azzardo. “Sono parole generiche che non ci convincono e non fanno capire nulla – attacca il presidente della Consulta antiusura -: quando in passato sono state usate parole a doppio senso, hanno portato a orientamenti che non hanno ridotto il settore dell’azzardo, come è stato, ad esempio, con l’introduzione di apparecchi più sofisticati che apparentemente servivano a ridurre il fenomeno, ma che poi offrono ancora più possibilità di gioco, con gravi conseguenze sull’economia e sulla salute della gente”. Quindi, “al di là delle parole, il vero obiettivo è stato diffondere ancora di più il gioco, per aumentare gli incassi”.
Il comma 1051, modificato al Senato, incrementa a decorrere dal 1° gennaio 2019 dell’1,35 e dell’1,25 per cento le aliquote del prelievo erariale unico (Preu) applicabili rispettivamente agli apparecchi cosiddetti new slot e videolottery, ma “l’aumento del prelievo fiscale sulle concessionarie non avrà come conseguenza la riduzione dei punti gioco”.
Casinò ormai superati
Il comma 570 dell’articolo 1, introdotto al Senato, modifica i contenuti dell’incarico assegnato al commissario straordinario per la gestione della casa da gioco di Campione d’Italia, come previsto dal decreto legge 119/2018: il commissario potrà elaborare un programma di risanamento del gestore; il nuovo gestore potrà essere individuato anche attraverso la costituzione di una nuova società interamente partecipata con capitale pubblico; il piano degli interventi deve essere soggetto all’approvazione del Ministero dell’Interno. “Sono in sfacelo – sottolinea D’Urso – le quattro case di gioco presenti in Italia, perché la gente immediatamente vuole vedere il risultato. Per giocare non c’è più bisogno di andare a Sanremo o a Campione d’Italia, dove il casinò è fallito. E ora lo Stato dovrebbe dare al comune i soldi per i debiti che ha contratto per costruire il casinò, invece di pensare a chi non ha lavoro! Ed è assurdo se si pensa che nel 2018 è ancora aumentata la raccolta, legata all’azzardo, raggiungendo quota 107,3 miliardi di euro, tra slot, scommesse, Gratta e vinci, Lotto, Superenalotto, Bingo e altri giochi, superando del 5,6% la cifra raccolta nel 2017. La verità è che lo Stato vuole continuare a espandere il gioco in maniera subdola per assicurarsi altri soldi. Non c’è la volontà di rendersi conto delle conseguenze dell’azzardo”.
Tre convegni
La Consulta nazionale antiusura, ci anticipa il presidente, organizzerà tre convegni, uno al Nord, uno al Centro e l’altro al Sud, per chiedere di dare la possibilità a Regioni e comuni di legiferare in materia di azzardo, perché sono gli enti locali a conoscere i problemi reali delle persone”. “Per il Meridione l’appuntamento sarà il 20 febbraio a Palermo – racconta il sacerdote -, mentre dobbiamo decidere ancora le date per Torino e Roma. Se facessimo un referendum, uscirebbero non i ‘gilet gialli’, ma i ‘gilet delle famiglie disperate’ che hanno perduto tutto per l’azzardo. Sono, infatti, in aumento le persone compulsive che vivono in maniera patologica il gioco. Abbiamo notizie brutte da ogni parte d’Italia”. Dal fenomeno non sono esclusi gli immigrati:“Dovrebbe farsi una verifica su quante sale gioco stanno aprendo gli stranieri, dove vanno a giocare tanti migranti – suggerisce mons. D’Urso -. Ma c’è un particolare in più: spesso sorgono vicino ai compra oro, dove gli immigrati vendono le loro poche cose per poter giocare”. Un fenomeno, insomma, che miete vittime sempre tra i più deboli.