Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il decreto su Reddito di cittadinanza e Quota 100 è entrato a tutti gli effetti in vigore, fatta salva naturalmente la definitiva conversione in legge da parte del Parlamento entro 60 giorni.
Nell’iter di conversione sarà possibile introdurre delle modifiche e quindi, anche se non è realistico pensare a cambiamenti rilevanti, il dibattito continua soprattutto per quanto riguarda il Reddito di cittadinanza (Rdc). Una misura circondata da enormi aspettative perché intercetta problemi cruciali per il Paese - il lavoro e la povertà - ma che presenta molte incognite sul piano dell’applicazione e degli effetti reali.
L’Alleanza contro la povertà, il cartello di organizzazioni della società civile che ha avuto un ruolo decisivo nel porre questo tema all’attenzione del Paese e che ha ispirato la prima misura nazionale di contrasto al fenomeno (il Reddito d’inclusione), ha espresso la sua posizione in una nota dal titolo eloquente: “Maggiori risorse, peggiori risposte”.
L’analisi dell’Alleanza parte dal riconoscimento dell’importanza delle risorse stanziate, rivendicata tra l’altro con molto vigore in una lettera al Corriere della Sera da Pasquale Tridico, l’economista e consulente del ministro Di Maio che ha tecnicamente elaborato il Rdc. “È il più ampio trasferimento di risorse per la lotta alla povertà mai effettuato in Italia – si legge nella nota dell’Alleanza – e in concreto ciò permetterà a molti di potere sostenere spese fondamentali per la propria vita quotidiana. Si tratta di un risultato assai positivo”.
È invece molto critica la valutazione del meccanismo di fondo del Rdc, che mette insieme lotta alla povertà e politiche per il lavoro, due piani che hanno sicuramente punti di contatto, ma che non possono essere confusi. “Il Rdc – afferma l’Alleanza – sottovaluta nettamente il fatto che il lavoro, seppure fondamentale, è solo una delle dimensioni della povertà” e da questo approccio deriva una “marginalizzazione dei servizi sociali comunali che però sono gli unici a possedere le competenze necessarie per comprendere i molteplici volti della povertà”. “Ci sono persone in povertà che non sono nelle condizioni di lavorare e non sempre la causa della povertà è la mancanza di lavoro”, chiosa Roberto Rossini, portavoce dell’Alleanza nonché presidente delle Acli.
È pur vero che, rispetto all’impostazione originaria, il decreto ha in parte recepito questo tipo di osservazioni, affiancando la via del Patto di inclusione sociale, gestito dai servizi comunali, a quella del Patto per il lavoro, che fa capo ai Centri per l’impiego.
Però sono questi ultimi il vero architrave del sistema. “I due canali sono paralleli – osserva Rossini – ma non hanno la stessa consistenza. C’è uno sbilanciamento sul versante dei Centri per l’impiego”. A monte di tutta la procedura pesa negativamente “la mancanza di una valutazione della persona come tale, che non può essere ridotta all’esame di alcuni parametri oggettivi”. “Il rischio – per il portavoce dell’Alleanza – è che alla fine siano penalizzati proprio i più poveri, per i quali i soldi sono importanti ma lo è ancora di più una rete di protezione sociale, e senza che si raggiungano risultati significativi sul fronte dell’occupazione”.
Un’altra questione centrale è quella dei tempi. “Per ottenere cambiamenti veri ci vuole gradualità – sottolinea Rossini – come sa bene chi lavora sul territorio da anni”. Per il Rdc, invece, si procede con una fretta che molti osservatori politici hanno inevitabilmente ricondotto alle prossime scadenze elettorali, in particolare le europee di maggio. Dal 5 marzo (e chissà se il decreto sarà già stato convertito in legge o no) sarà possibile presentare le domande, con l’obiettivo di erogare i primi sussidi entro la fine di aprile. Lo stesso Tridico, nella lettera citata, non può che ammettere l’impreparazione dei Centri per l’impiego a far fronte ai nuovi compiti.
Ci vorranno mesi per costruire situazioni minimamente efficaci sul fronte delle politiche attive per l’occupazione. Intanto però i sussidi saranno comunque distribuiti.
“L’enorme enfasi attribuita alle condizioni per accettare le offerte di lavoro – sostiene l’Alleanza nella sua nota – distoglie lo sguardo dalla realtà. Il Rdc è disegnato in modo da poter erogare rapidamente il maggior numero possibile di contributi economici, anche a prescindere da qualsiasi azione di inserimento lavorativo. Nei prossimi mesi, più che ad interventi di attivazione, assisteremo a una distribuzione a pioggia di risorse”.
La preoccupazione di fondo dell’Alleanza è che il malfunzionamento del Rdc possa compromettere la causa della lotta alla povertà, inducendo nell’opinione pubblica una reazione di rigetto. Anche per questo sono in preparazione “puntuali proposte di miglioramento del decreto” che saranno presentate con “spirito costruttivo” nell’audizione in Parlamento. Non è difficile immaginare che uno dei punti toccati sarà il riequilibrio tra il canale del Patto per il lavoro e quello del Patto per l’inclusione e così pure il nodo dei minori che “sono ai margini del Rdc”.