Le economie possono andare in recessione tecnica (una crescita negativa del Pil - Prodotto interno lordo - per due trimestri consecutivi); governi e autorità monetarie cercano in tutti i modi di uscirne al più presto.
I dati diffusi dall’Istat vanno letti con il giusto tasso di preoccupazione, né troppo ma neanche troppo poco buttando lo sguardo alla possibile ripresa dei prossimi mesi. Perché certezze, in tempo di guerra dei dazi, non ci sono. Le variabili possono essere molte, pensiamo soltanto a Brexit o alle elezioni europee per restare nel prevedibile. Un’economia nazionale, continentale e mondiale può essere toccata da fattori imprevedibili.
I dati diffusi dall’Istat sono un segnale negativo: la stima relativa al quarto trimestre è di una diminuzione dello 0,2% che fa seguito al -0,1% del trimestre precedente. Mostrano una regressione che si inquadra in un rallentamento più generale che parte dalla minor crescita cinese. Il rischio è di viverla come una fatalistica conseguenza di guai generali. Anche la Germania sta dimezzando la velocità.
In Italia la crescita è lenta da anni e ha indebolito il tessuto economico. È come se un’epidemia colpisse una grande area geografica dove alcune popolazioni sono già deboli per situazioni sanitarie interne.
Le banche alle prese con la riduzione dei cattivi crediti (prestiti concessi a soggetti che non meritavano, società buone che hanno perso competitività, imprenditori che non hanno gestito bene il cambio generazionale) non possono alimentare più di tanto la ripresa perché sono alle prese con i loro errori e un’economia debole. Condizione che rende più difficile per le imprese la restituzione dei prestiti.
Per il governo un arretramento che dovesse durare più trimestri è il peggio che possa capitare a chi ha promesso e ormai deciso impegnativi immediati capitoli di spesa confidando in una ripresa dei consumi che dovrà portare più benessere e più entrate fiscali.
Ma se le imprese - di tutti i tipi - non faranno utili pagheranno meno tasse, se i nuovi occupati saranno pochi crescerà lo squilibrio previdenziale fra chi è, o sta andando, in pensione. La recessione prolungata crea uno stato d’incertezza che frena gli investimenti grandi e piccoli: il capannone industriale, il laboratorio artigianale, il negozio, i mutui-casa. Insomma, l’economia non gira e nessun comparto può sentirsi al sicuro.
L’Eurozona ha vissuto nel 2008 una prolungata recessione (cinque mesi consecutivi con arretramenti trimestrali anche oltre i due punti percentuali) e per dimenticarla sono stati necessari anni. Le stime di Banca d’Italia e del Fondo monetario internazionale (Fmi) per il 2019 prevedono una crescita del Pil dello 0,6% ritenuta troppo pessimistica dal Governo. Se fosse dell’1%, come stima l’esecutivo, consentirebbe di evitare una manovra correttiva sui conti per riequilibrare uscite certe e introiti da verificare. E se manovra correttiva sarà, non avverrà prima delle elezioni europee del 26 maggio. A quel punto saranno maturati gli andamenti, positivi o negativi, di due altri trimestri.