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Anonimato è la parola d’ordine per chi vuol vivere in Russia, pur pensandola diversamente dal presidente in carica. Per salvare la libertà, il posto di lavoro, i propri cari, bisogna tacere.

 

 

Anonimato deve garantire l’agenzia di stampa Sir che ha raccolta queste “confessioni” da un accademico moscovita che ha accettato di rispondere ad alcune domande sulla Russia alla vigilia delle elezioni presidenziali del 15-17 marzo: il tema è “molto delicato” e c’è una “enorme macchina repressiva che si sta muovendo in Russia”, spiega il nostro interlocutore da Mosca. Se già prima dell’inizio dell’invasione russa in Ucraina la Russia non brillava per rispetto di diritti e libertà, da due anni a questa parte è una possibilità sempre più reale e drammatica il dover pagare di persona il dissenso. Questa è la Russia di Putin del 2024.

Dalle scorse elezioni “è cambiato tutto”, dice il professore moscovita: “Quella Russia non esiste più, è l’Atlantide del nostro tempo. Molto difficile descrivere che Paese sia oggi, perché il cambiamento è in atto. Dove porterà esattamente questo cambiamento dipende da molti fattori, ma io non vedo scenari positivi, almeno non per ora”.

Molto diversificata è la valutazione che ogni gruppo sociale dà della situazione: “Per alcuni, tutto ciò che sta accadendo va benissimo e per costoro, la Russia continua il suo processo del ‘rialzarsi in piedi’, per mostrare al mondo che deve essere temuta e rispettata. Per molti altri tutto ciò che sta accadendo è un incubo, cercano di scappare o di nascondersi dalla realtà, opponendosi apertamente (il che comporta rischi enormi, soprattutto se si è in Russia) oppure in maniera più nascosta - attraverso scambi privati o canali di comunicazione chiusi. Ma la maggioranza delle persone non ha un’opinione esatta: si sentono un po’ a disagio per tutto quello che sta succedendo, vorrebbero tornare alla normalità, ma non esprimono rivendicazioni né opinioni. Molti sono semplicemente conformisti, molti hanno paura, è una massa silenziosa”.

Ed è proprio questa massa silenziosa, secondo il nostro interlocutore, la “base sociale super confortevole per il regime, che è come se avesse carta bianca per fare tutto ciò che vuole, sia all’estero sia in patria. Non ci sono più vincoli”.

I circa 110 milioni di elettori della Federazione russa che andranno a votare nei prossimi giorni, troveranno sulla scheda elettorale quattro concorrenti: evidentemente Vladimir Putin, che si ricandida per un quinto mandato e corre come indipendente; poi Nikolay Kharitonov (Partito comunista), Leonid Slusky (Ldhr, Partito liberal democratico della Russia) e Vladislav Davankov (Partito Persone nuove). Ci sarebbero dovuti essere altri candidati come Boris Nadezhdin (Partito di iniziativa civica), Sergey Malinkovich (Partito comunista) e due indipendenti, Rada Russkikh (imprenditrice, blogger) e Anatoly Batashev (leader del movimento “Ecosila 50”, membro del partito “Alternativa verde”), candidature che la commissione elettorale ha rifiutato con argomentazioni contestate.

Sono 25 i partiti politici divisi nel sostegno a tre dei quattro candidati. “Il risultato delle elezioni è chiaro, non ci saranno sorprese”, afferma il professore moscovita.Ciò che dovremmo chiederci è fino a che punto queste elezioni legittimeranno ulteriormente Putin, il regime e la guerra, e daranno quindi il via libera a ulteriori repressioni e a maggiori pressioni sull’Ucraina e sull’Occidente”.

Critico il giudizio sulle possibilità dell’opposizione e del dissenso: “L’opposizione organizzata (sebbene non sia mai stata adeguatamente organizzata in Russia) è completamente distrutta, l’opposizione atomizzata non rappresenta una minaccia per il regime. Anche l’opposizione in esilio è ben lungi dall’essere organizzata e ha un basso livello di influenza all’interno del Paese”. L’unica, teorica possibilità starebbe in “detonatori di disordini sociali come ulteriori mobilitazioni o conflitti etnici, ma questa è una pura teoria”.

 

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