“Questo episodio è una delle espressioni più drammatiche - ma non l’unica - del volto di questa società; rivela che non solo non esiste più il rispetto umano, ma che addirittura si arriva a considerare un uomo come un giocattolo. Quando non sapevano che fare, questi ragazzi dicevano: ‘andiamo a giocare con il pazzo’”.
Così lo psichiatra Vittorino Andeoli commenta la fine agghiacciante di Antonio Cosimo Stano, sofferente di disagio psichico e incapace di difendersi, morto lo scorso 23 aprile a Manduria dopo essere stato bullizzato, rapinato e picchiato in più occasioni da un gruppo di giovani, otto dei quali (sei minori e due maggiorenni) arrestati a maggio con l’accusa di sequestro di persona e tortura. Oggi altri nuovi arresti, tra cui otto minori, responsabili anche dell’aggressione per “puro passatempo” di un altro uomo, anch’egli con disabilità mentale. Un film dell’orrore immortalato sugli smartphone riprende il branco accanirsi contro Stano che, indifeso, implorava pietà. “Non c’è rispetto umano, né rispetto per il dolore e la sofferenza – osserva Andreoli -. E questo è gravissimo perché l’umano, di fronte a chi soffre, non deve necessariamente fermarsi a fare il buon samaritano, ma non può non avere una reazione di compassione, di pietas. Il problema è che nel nostro paese questa pietas sembra regredita”.
Professore, che sta succedendo?
Questi ragazzi sembrano appartenere ad un momento della storia dell’uomo che è all’inizio della civiltà. La civiltà nasce come controllo degli istinti e delle pulsioni. È questo lo scopo della ragione, dei cosiddetti freni inibitori e del rispetto delle leggi; insomma dei comandamenti sociali. Tutto questo è scomparso e stiamo assistendo a segni - questo non è l’unico - di ciò che non è più homo sapiens ma è homo pulsionalis. Siamo di fronte a quello che Giambattista Vico chiamava il tempo della barbarie.
Stiamo assistendo ad una regressione della civiltà verso la barbarie
Non ci sono più freni inibitori; non si usa la ragione; a governare sono istinti e pulsioni: mi piace una donna? La abuso. Abbiamo dimenticato lo sviluppo della nostra civiltà: Platone, Roma, il cristianesimo. Che cosa c’è di civile o di religioso nel comportamento di questi ragazzi?
Come siamo arrivati a questo?
Anzitutto con l’abbattimento dei principi: i riferimenti della religione, il rispetto dell’uomo, il non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Questi principi sono stati trasformati in forza, in potere muscolare, nel “mi piace”. La nostra è una società del “mi piace” alla quale hanno potentemente contribuito un uso distorto del mondo digitale e dei social network. Oggi l’uomo ha messo il cervello in tasca. Non lo usa più. A dominare sono il “mi piace”, il denaro, i follower. Dopo la caduta dei principi quella dei ruoli. Parliamo tanto di padri: ma dove sono? La famiglia non esiste più; al suo posto c’è un assembramento empirico di persone senza una struttura che la regga. Inoltre stanno morendo affettività e sentimenti mentre prevalgono le emozioni superficiali.
Ma che soddisfazione si prova a seviziare una persona imbelle, non in grado di difendersi? Non è certo una prova di coraggio, una sfida tra pari…
È un gioco, qualcosa di diverso da ciò che abitualmente si fa, ma è soprattutto un modo di soddisfare la sete di dominio. Nella barbarie, dominare è straordinario. Uccidere dà una sensazione titanica, è la più perfetta forma di dominio. Una visione antropologica dice che noi siamo portati al bene, ma c’è anche il male. Ho avuto il privilegio di incontrare un paio di volte in privato Paolo VI e ricordo il tono accorato con cui mi diceva: ‘Professore il male c’è, il male c’è…’. L’uomo deve tendere, e con fatica, al bene, ma il male spesso domina.
Cosa c’è nella testa di questi ragazzi?
Nulla, il vuoto assoluto. Non c’è alcuna organizzazione, alcuna consapevolezza e distinzione tra il bene e il male. Paradossalmente, potrebbero fare indifferentemente l’uno o l’altro. Sono semplicemente guidati dalle pulsioni.
Come invertire questa rotta? Si possono recuperare ?
Ora gliela faccio io la domanda: che cosa e come sta investendo in educazione il nostro Paese? L’uomo era, ed è, capace di voler bene, anche di dare la propria vita per gli altri, ma dopo secoli di evoluzione e di fatica, la società in generale sta regredendo, e molto velocemente: questo è il vero dramma. La civiltà non è genetica, non è qualcosa di inscritto nel nostro Dna; è un’acquisizione, un apprendimento, riguarda la nostra parte umana. Principi che occorreva e occorre trasmettere; oggi stiamo invece rischiando di perdere nell’arco di una o due generazioni conquiste guadagnate con fatica nei secoli e di ritornare alla fase barbarica. Non sto affermando che non esistono più persone buone, ma stiamo assistendo a segni che dimostrano che siamo in una fase di regressione. Bisogna rendersene conto e invertirla.
Come?
Investendo in educazione, in esempi. Altrimenti non c’è futuro. E questo è compito dello Stato. La Chiesa, da parte sua, ha il grande compito di ricordarci che c’è un Dio, di rammentarci il senso dell’uomo. È vero che ha perduto presenza, forza educativa e capacità di incidere sulla società, però è tempo di ripartire dai grandi esempi e la Chiesa ha un esempio straordinario che si chiama Gesù di Nazareth, vero Dio ma anche vero uomo. Ricominciare ad educare nel senso etimologico di “educere”, tirare fuori il buono per insegnare e aiutare a vivere, come si fa con i bambini. Soprattutto con l’esempio. Nel nostro Paese c’è tanta gente brava, buona, che ancora rappresenta la civiltà. Ma non sono le persone che vanno in tv a urlare o che hanno milioni di follower. Si trovano tra i signori Nessuno, con l’iniziale maiuscola. È da loro che bisogna ripartire.